I generali Bartolucci e Ferri, ai vertici dell'aeronautica militare italiana nel 1980, sono stati assolti per insufficienza di prove dall'accusa di alto tradimento per aver nascosto al governo quanto sapevano, nell'immediatezza dell'evento, sulle cause della tragedia di Ustica. Questo il verdetto emesso oggi dalla Corte di assise d'appello di Roma. Un verdetto che giudico, con molto dolore, negativo. Lo giudico negativo soprattutto perché viene al termine di un processo affrettato, di poche udienze, senza escussione di testi. Si è intervenuti con molta rapidità su un precedente dibattimento che aveva approfondito ogni aspetto in quasi quattro anni di udienze. Quasi una sentenza già scritta.
Ma al di là della mia delusione, delusione soprattutto di cittadina davanti a tanta leggerezza, bisogna rimanere ai fatti.I generali erano ricorsi in appello perché si erano visti assolvere in primo grado per prescrizione dal reato di alto tradimento. Logica vuole che volessero essere assolti perché non era stato commesso il reato. Ora la sentenza certamente non li accontenta. Bisogna aspettare le motivazioni ma sembra evidente che si è riconosciuto l'esistenza del reato di alto tradimento anche se non sono state giudicate sufficienti le prove della personale colpevolezza.
Ma anche dopo questa sentenza rimane certo quello che è accaduto la sera del 27 giugno `80 e nei giorni immediatamente successivi: il Dc 9 è stato abbattuto - come ci hanno dimostrato le conclusioni del giudice Priore, che neppure in questa occasione vengono messe in discussione - e già nell'immediatezza dell'evento c'erano elementi utili per raggiungere la verità che non furono portati alla conoscenza del governo.
Voglio solo ricordare che gli episodi contestati come reati sono gli stessi che aveva evidenziato la Commissione stragi del presidente Gualtieri: la mattina successiva i tracciati radar portavano segni inequivocabili delle presenza di un altro aereo in manovra d'attacco contro il Dc9.
Perché non sia certa la responsabilità personale degli imputati cercherà di spiegarlo la motivazione della sentenza odierna, ma dobbiamo ribadire con forza che i fatti rimangono.
Oggi bisogna però anche dire che a venticinque anni dalla strage, con tante evidenze già affiorate, non è pensabile di poter delegare tutta la ricerca della verità alla magistratura, ai suoi riti e ai suoi limiti. Si è affievolita sulla tragedia l'attenzione del parlamento, che dopo aver scritto pagine importanti soprattutto con la Commissione stragi del presidente Gualtieri, non sempre più recentemente ha saputo ripensare a Ustica con determinazione. E in gran parte è stata carente l'azione del potere esecutivo, fino al totale disinteresse dell'attuale governo.
Sono troppi gli stati amici e alleati, penso a Usa, Francia, Gran Bretagna e Libia, che non hanno messo a disposizione tutti gli elementi che oggettivamente debbono avere. Su di loro si è allentata ogni azione diplomatica. Ci siamo giustamente vantati di aver portato Gheddafi alla «ragionevolezza» sulla vicenda di Lockerbie, ma non abbiamo chiesto nulla per Ustica; al processo stesso la Cia ha negato la sua collaborazione ma il governo non si è mosso, non ha chiesto spiegazioni, non ha protestato. Anche la delusione odierna deve portarci alla riflessione. Ci sono dei fatti che non possono essere cancellati, debbono rimanere vivi nella coscienza democratica di questo nostro paese perché non si può dimenticare e bisogna continuare a chiedere verità e giustizia. Ma non dobbiamo chiedere solo alla magistratura, deve tornare in campo la politica. Ustica non deve essere letto come un episodio doloroso, deve rimanere una pagina importante della nostra storia recente. C'è una questione di dignità nazionale: ci è stato abbattuto un aereo civile in tempo di pace e nessuno ci ha dato spiegazioni. C'è una questione di rapporti tra potere esecutivo e apparati militari: perché nelle varie sentenze che si sono succedute, e aspettiamo pure di leggere quella di ieri, è sempre stata descritta un'Arma aeronautica che opera contro la verità, volta soltanto a coprire i suoi uomini e in totale dispregio anche delle poche indicazioni dei governi.