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La Strage di Ustica
"Associazione parenti vittime strage di Ustica"

Scheda a cura di Francesco "baro" Barilli

Sono le 21,00 circa del 27 giugno 1980 quando un DC9 della società Itavia, decollato da Bologna in direzione Palermo, scompare dalle rilevazioni radar, inabissandosi fra le isole di Ponza e Ustica. La tragedia, nella quale trovano la morte 81 persone fra passeggeri ed equipaggio, viene inizialmente spiegata con un cedimento strutturale del velivolo; una tesi che verrà sostenuta ufficialmente per molto tempo, anche di fronte a fatti e testimonianze che col tempo andranno a disegnare uno scenario molto più inquietante. Uno scenario che verrà compiutamente descritto solo nel 1999 dal Giudice Rosario Priore, che scriverà: "l'incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento. Il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un'azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto".

Una descrizione semplice ed esaustiva del quadro generale, ma che purtroppo non chiarisce i dettagli su "chi" provocò l'abbattimento dell'aereo, né sul "perché" dell'abbattimento. E di questa mancata chiarezza sono stati accusati diversi esponenti dell'Aeronautica Militare Italiana, che avrebbero taciuto informazioni in loro possesso o ne avrebbero fornite altre - errate - alle autorità. Ed è proprio questa mancanza di informazioni ad aver impedito al Paese di conoscere la verità sulla strage di Ustica: chi abbattè un nostro aereo civile, nel corso di una battaglia aerea svoltasi nei nostri cieli senza che nessuno abbia mai dato una spiegazione?

A causa di questi depistaggi ed insabbiamenti non si è mai arrivati ad un processo a carico dei responsabili della strage. Si è però arrivati ad un processo a carico di 4 generali dell'Aeronautica Militare proprio per quelle azioni di depistaggio. Un processo che si è concluso nell'aprile 2004 con una sentenza che può sembrare deludente, a 24 anni dalla tragedia di Ustica, una sentenza in buona parte frutto dell'impossibilità di racchiudere in un dibattimento processuale, passato tanto tempo, una vicenda tanto complessa; una sentenza invece che conferma le accuse e lo scenario di guerra che aveva tracciato il giudice Priore nella sua ordinanza.

Infatti a Lamberto Bartolucci, Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica del tempo, viene riconosciuto di aver omesso di riferire alle autorita' politiche i risultati dell'analisi dei tracciati radar di Fiumicino/Ciampino - conosciuti nell'immediatezza della tragedia - e ancora a Lamberto Bartolucci e Franco Ferri di aver fornito informazioni errate alle autorita' politiche escludendo il possibile coinvolgimento di altri aerei militari nella caduta dell'aereo civile nell'informativa scritta del 20 dicembre 1980. Questo è il chiaro riconoscimento sia dello scenario complessivo sia del fatto che le autorità militari hanno ostacolato la ricerca della verità, qualunque essa fosse.

È una sentenza importante che va attentamente considerata e che non giustifica assolutamente i canti di gioia che qualcuno, soprattutto in ambiente militare, ha voluto intonare. In altre parole questa sentenza ci dice che i vertici militari hanno potuto esaminare immediatamente i dati radaristici e venire a conoscenza in tempo reale di tutte quelle tracce di presenze aeree, evidenze che non manifestavano certo un cielo sgombro intorno al volo del DC9, nè assenza totale di traffici militari prima e dopo l'incidente. Poi, dopo sei mesi dalla notte della tragedia, in una comunicazione ufficiale al Governo, lo Stato Maggiore dell'Aeronautica (che ha avuto nel frattempo ampie possibilità di operare indagini e controlli approfonditi) persiste nel comunicare notizie non corrispondenti al vero e in grado di deviare il corso delle indagini, perché escludendo ogni altra possibilità fa apparire il cedimento strutturale l'unica causa possibile della tragedia.

Dunque i vertici dell'Aeronautica Militare hanno operato per nascondere la verità sulla vicenda di Ustica. Questo è il senso profondo della recente sentenza della corte d'Assise di Roma che riconosce i gen. Bartolucci e Ferri, al vertice dell'Arma al momento della tragedia, responsabili di alto tradimento con atti diretti a turbare le attribuzioni del Governo, pur mandandoli assolti perché nel frattempo (sono passati da allora 24 anni) il reato è andato prescritto.

Quanto stabilito dalla corte d'Assise di Roma torna a dare a tutti nuove responsabilità e rende evidente che la Magistratrura non può da sola rispondere alla esigenza di verità che questa vicenda ancora impone.

La vicenda di Ustica deve dunque rimanere, alla luce anche di questa sentenza, una grande questione di dignità nazionale, perché un aereo civile è stato abbattuto, 81 cittadini innocenti hanno perso la vita, la nostra sovranità è stata sfregiata e nessuno ci ha dato spiegazioni.

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Messaggio della SEN. DARIA BONFIETTI, Presidente "ASSOCIAZIONE PARENTI VITTIME STRAGE DI USTICA", in occasione del convegno "I comitati civili contro silenzi e impunità", tenuto a Genova il 12 luglio 2003.

È terribile la sequenza delle stragi che in questa giornata abbiamo sotto gli occhi. È terribile la sequenza delle stragi che abbiamo vissuto, che ha insanguinato la storia di questo nostro Paese. Il dolore dei parenti si è mischiato ai gravi colpi inferti alla democrazia. Il dolore dei parenti ha saputo diventare impegno civile, le lacrime si sono mischiate alla volontà ferma di voler essere cittadini. In questo credo sta la forza del contributo che abbiamo saputo e voluto dare. C'era una parte in ciascuno di noi che voleva piangere, cercare i luoghi dei ricordi e del rimpianto e c'era una parte che doveva osare per chiedere sempre con più forza verità e giustizia Anche questa è stata la Storia di questi anni. Questo deve essere ancora il senso del nostro stare insieme, con lo strazio delle nuove tragedie, delle recenti giovani vite spezzate, nelle convinzione che con i nostri cari si è colpito nel profondo la democrazia di questo Paese. Dobbiamo ribadire la nostra scelta: ricordiamo i nostri cari pubblicamente parlando di società civile e di diritti dei cittadini; dei diritti calpestati e della "vergognosa" necessità, nel nostro Paese, di associazioni di parenti delle vittime, paradigma dell'incapacità delle istituzioni, negli anni, di rappresentare il Paese e di controllare gli apparati dello Stato. E il rapporto tra Stato e apparati credo sia il cuore della tragedia. Gli apparati debbono essere comunque a tutela dei cittadini e della loro libertà e non divenire zone oscure di trame e di autotutela. Alcune verità rimangono ancora troppo lontane, di altre non si è preso atto per intraprendere il doveroso percorso atto a smascherare i mandanti più alti, colpire responsabilità rimaste occulte, individuare le coperture. Nel cuore della società è ancora ben aperta, la ferita per le prove importanti disperse, manipolate o nascoste, per i depistaggi di ogni genere, per i nuovi terribili avvenimenti, per i comportamenti delle forze dell'ordine. Ci dobbiamo rendere conto che tutto questo rivela una degenerazione che corrode in profondità le istituzioni e che non possiamo sperare che la democrazia trovi completa realizzazione e saldo insediamento nel nostro Paese se nelle viscere delle istituzioni continueranno a celarsi segreti, zone oscure e di reticenza. I cittadini hanno il diritto di conoscere i fatti, le cause interne e internazionali, i colpevoli del delitto, gli artefici dell'occultamento per questo oggi mi sento di ripetervi, con tutta umiltà, che la verità su tanti episodi deve rimanere una grande questione politica: se un cancro ha aggredito le istituzioni, estirparlo é compito inderogabile di chi voglia davvero rafforzare la democrazia in Italia. Dobbiamo ribadire con forza, che la libertà e la democrazia crescono se non temono la verità. Con questi sentimenti oggi mi sento con voi profondamente unita dal dolore per le vittime e dall'impegno per la verità.

Daria Bonfietti

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