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Walter Rossi, cronaca di una morte annunciata
Maria R. Calderoni
Fonte: Liberazione, 29 settembre 2007
29 settembre 2007

Si chiamava piazza Igea. Ora è piazza Walter Rossi. C'è un monumento bianco col suo nome al centro dell'aiuola tramortita dal traffico che si scarica senza respiro all'incrocio tra la Trionfale e la Camilluccia. A duecento metri da qui abitava Walter Rossi, in una strada alle spalle della piazza. Walter Rossi, uno studente, un ragazzo comunista di vent'anni. Qui, sulla piazza che allora si chiamava Igea, c'era il piccolo centro del collettivo che frequentava e poco più su, nemmeno un chilometro, il numero civico di via delle Medaglie d'Oro dove è stato ucciso. Il 30 settembre 1977. Roma non lo ha mai dimenticato. La sua fotografia, con la bella faccia sorridente e i lunghi capelli ricci, ricompare nei manifesti e nei siti a ogni anniversario.
Walter Rossi, non solo il nome di una giovane vita distrutta, ma anche il simbolo cruento della violenza politica e l'esempio di un delitto rimasto senza colpevoli. Uno dei tanti negli anni di piombo.
Quel ragazzo di vent'anni non è che l'ultima vittima di un annus horribilis. Nella sua meccanica banale e quasi immotivata, vista nel contesto di quei giorni in realtà quella di Walter è una morte annunciata. E "semplice" da raccontare. Il teatro è quello "nero" dei fascisti del Msi della Balduina, la cui sezione in via delle Medaglie d'oro fa da centro catalizzatore per tutti i "camerati" della zona nord della capitale. Una sezione forte e famigerata, con molti e anche giovanissimi facinorosi in seno, abbondantemente all'opera. Con incidenti e provocazioni contro sedi e militanti di sinistra - comunisti, ma soprattutto Lotta continua, movimento studentesco. Un clima di tensione con episodi di intolleranza - pestaggi, vandalismi, aggressioni - che si susseguivano a ripetizione. Era la Balduina "cuore nero".
Il giorno 29 di quel nefasto settembre '77, proprio in piazza Igea, abituale luogo di ritrovo dei ragazzi "rossi" (Lotta continua, comunisti, collettivi studenteschi), una Mini bianca arriva e spara cinque colpi di pistola contro un gruppo di giovani, tre vanno a segno e feriscono Elena Pacinelli, 19 anni (morirà alcuni mesi dopo).
I suoi compagni il giorno dopo, il 30, si riuniscono per decidere una risposta; un corteo raggiunge via Medaglie d'oro, distribuiscono volantini, gridano slogan, è una manifestazione pacifica, e non certo gigantesca. Alla sede del Msi li aspettano, quando il corteo è nelle vicinanze all'improvviso saltano fuori una quarantina di militanti (tra essi anche Alessandro Alibrandi e Cristiano Fioravanti, nomi noti dello squadrismo missino del tempo); si dividono ai due lati della strada e stringono in mezzo i manifestanti. La polizia è presente in forze, ma non riesce a impedire che, protetti dietro i blindati, i fascisti lancino sassi e bottiglie vuote.
Il corteo arretra, ma dal gruppo Msi più vicino si staccano due persone con la pistola in pugno. Partono i colpi, Walter Rossi cade a terra. I suoi compagni più vicini cercano di aiutarlo, ma sono caricati dai poliziotti. Solo dopo un po' è portato all'ospedale dove arriva già morto.
L'ordinaria ventata di violenza si è consumata in fretta, hanno sparato in due, per terra vengono raccolti bossoli di due armi diverse, tuttavia l'omicidio resta senza nome. Allora come oggi, trent'anni dopo.
Ma la morte di Walter Rossi in quei giorni è come un detonatore, l'impressione è enorme soprattutto a Roma, e come un incendio si propaga velocemente in tutta Italia.
Cortei e proteste da Palermo a Milano.
Già il giorno dopo, 1 ottobre, nella capitale due cortei attraversano le strade e si riuniscono in piazza del Popolo in una manifestazione carica di tensione. Assalti, bombe molotov, incendi contro le sedi missine si registrano in varie città. A Roma sono lanciate bottiglie incendiarie contro la sede del Fuan di via Pavia, contro la sezione Msi di via Livorno e di via Medaglie d'oro. A Torino il corteo sfocia in violenza, un bar considerato punto di ritrovo dei fascisti, viene incendiato e un giovane, Roberto Crescenzio, muore per le ustioni riportate. Sono giorni col "sangue agli occhi". Ancora a Roma, il 3 ottobre, in 100 mila seguono i funerali di Walter Rossi, la bara è accompagnata fino a san Giovanni e anche qui, nel corso della fortissima manifestazione, frange violente devastano la sede Msi a Colle Oppio e la federazione provinciale di piazza Tuscolo.
Non è soltanto la reazione all'assassinio dello studente romano: in realtà, quello, il '77, è l'anno incendiario nel quale la contrapposizione degli "opposti estremismi" (la subdola frase coniata al tempo), tocca uno dei suoi apici. Ed è l'anno del massimo momento di scontro tra lo Stato e il "Movimento 77" (nel quale gli Autonomi hanno un peso egemone). E' l'anno di Kossiga. Ed è l'anno in cui è più grande la divaricazione - la reciproca ripulsa e accusa - tra Pci e Cgil da un lato e lo stesso Movimento dall'altro (è del 5 febbraio la "cacciata" di Lama dall'Università di Roma occupata dagli studenti).
Sono numerosi, al nord e al sud gi episodi di violenza, quasi uno stillicidio quotidiano. Compaiono le spranghe, le fionde, i sassi ma anche le P38, con la polizia pronta ad attaccare in formazione antiguerriglia. A Bologna in marzo, durante una manifestazione è ucciso da un carabiniere lo studente di Lotta continua Francesco Lorusso. In maggio a Roma la polizia, con l'ausilio di agenti travestiti, spara e colpisce a morte Giorgiana Masi. E a Milano sempre nello stesso mese, nello scontro tra sinistra extraparlamentare e polizia, resta ucciso il brigadiere Antonino Custrà. E anche le Brigate rosse sono in azione.
Cossiga (Kossiga) arriva a sospendere le garanzie costituzionali e impone un divieto di manifestazione per due mesi. E, il 7 novembre, all'alba, su ordine del ministero dell'interno, un plotone di militi viene inviato alla sede dell'Autonomia romana, quella famosa di via dei Volsci 6: vengono messi i sigilli, causa "associazione sovversiva". Un centinaio di militanti è denunciato.
Giorni "che valgono anni".
Per la morte del ragazzo comunista Walter Rossi nessuno finora ha pagato.