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I familiari
Chiediamo dignità in nome della giustizia
Daria Bonfietti
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)
9 gennaio 2007

Si apre domani quello che potrebbe essere uno degli ultimi atti della storia giudiziaria legata alla strage di Ustica. La corte di Cassazione dovrà infatti giudicare sull'appello presentato contro l'assoluzione per insufficienza di prove dei generali Bartolucci e Ferri, ai vertici dell'aeronautica militare all'epoca dei fatti, dal reato di alto tradimento. Un reato peraltro cancellato dalla maggioranza berlusconiana durante la scorsa legislatura con una delle tante famigerate leggi ad personam: una legge per due imputati durante il processo.
Una situazione davvero complicata a rigor di logica comune, ma anche per il diritto, che comunque, ancora una volta di più, ci offre la dimensione della tragica complessità della vicenda Ustica. Ma, pur consapevoli che la storia non può essere scritta nelle aule dei tribunali, vale la pena ripercorrere anche la vicenda giudiziaria. Nel settembre del 1999, a conclusione dell'inchiesta-istruttoria più lunga della nostra storia, la monumentale sentenza ordinanza del giudice Priore ci consegnava una prima verità: rilevata la presenza di voli di aerei militari attorno al Dc9 Itavia, si poteva affermare che l'aereo civile era stato abbattuto in seguito a una manovra d'attacco, un atto di guerra non dichiarata in tempo di pace.
Nel contempo venivano indicati una innumerevole serie di reati commessi da militari per ostacolare il raggiungimento della verità; reati che per tanti motivi, dal cambiamento del rito al passare del tempo, hanno perso rilevanza penale. Rimaneva in piedi l'accusa di alto tradimento, ristretto nella seconda parte del 1980, per i generali ai vertici dell'aeronautica. Per non aver informato, nell'immediatezza dell'evento, il governo dell'esistenza di segnali radar (plot) che potevano far pensare alla presenza di altri aerei vicino al Dc9 - sono i dati rimasti poi sempre al centro di tutte le perizie - e poi per aver inviato, verso la fine dell'80, una lettera con la quale si sosteneva che la causa della tragedia era stato un cedimento strutturale. Certamente pochi elementi di fronte alla enorme mole di fatti accertati: basti pensare che, per quanto riguarda la sera del disastro, non è stata trovata una sola pagina di documentazione «corretta», ma solo pagine stracciate, manipolate, riscritte. Una valanga di menzogne che per la storia non possono non essere la prova di una volontà precisa di nascondere la verità, ma dal punto di vista giudiziario sono difficilmente ascrivibili alla specifica volontà di commettere reato di una singola identificabile persona.
Nel processo di primo grado, dopo un dibattimento di alcuni anni e centinaia di udienze con il confronto tra testi, periti ed esperti, i generali furono ritenuti colpevoli, anche se di un reato di alto tradimento di minore rilievo, e quindi poterono usufruire della prescrizione.
Si è avuto poi un incredibile processo di appello, di poche preordinate udienze, senza nessun confronto fra testi e periti, con l'esplicita disposizione di tener fuori dalla discussione le cause del disastro, dal quale è scaturita un'assoluzione per insufficienza di prove. Ancor più inaccettabili sono le motivazioni, tutte volte non a dare una lettura dei fatti ma a polemizzare, fatto del tutto irrituale,con la stampa e le parti civili che si erano permesse critiche. Senza una ricostruzione chiara degli avvenimenti, con affermazioni banali anche sulle cause dell'incidente: proprio quelle espressamente tenute fuori dall'aula. Questo groviglio di questioni giunge davanti alla Cassazione; credo che l'ultima sentenza, con le sue contraddizioni, con il suo spirito inutilmente polemico, possa essere cancellata.
Si tratta soprattutto, al di là delle formule, di non recidere il legame tra i fatti, la storia, e gli atti giudiziari. Davanti ai tribunali, nei vari gradi di giudizio, la tragedia di Ustica, l'impegno per la verità, le attività istruttorie, non possono briciolarsi e dissolversi. Ne va la dignità della Giustizia stessa.
(L'autrice è presidente dell'Associazione familiari vittime della strage di Ustica)