«Non c'è stato assolutamente un colpo di spugna. E' stato appurato che non ci sono responsabilità di singoli ma la ricostruzione dell'evento ha tenuto». Rosario Priore, ex giudice istruttore che dal 1990 al 1999 ha indagato sulla strage di Ustica, parte da questa convinzione per ragionare in una prospettiva futura. Secondo il giudice che nel 1999 rinviò a giudizio alti ufficiali italiani con l'accusa di alto tradimento e falsa testimonianza, sulla tragedia di Ustica è necessario avere ancora pazienza. Priore, con pacatezza, ritiene che la verità prima o poi verrà a galla e invita a non ritenere chiuso il capitolo su uno dei tanti misteri italiani.
Priore riporta alla memoria fatti sui quali ancora non si è fatta piena luce, come il ritrovamento nella zona dove si frantumò in volo il DC9 dell'Itavia di un serbatoio di un caccia militare Usa nel 1992 e di parti di un aereo militare sempre statunitense rinvenute due anni dopo in Sardegna. Prove a sostegno della tesi che attorno all'aereo passeggeri incrociassero aerei militari. Jet americani, francesi e libici che nello stesso momento in cui il DC9 sorvolava la zona di Ustica stavano con tutta probabilità compiendo azioni militari di intercettamento.
Giudice quali sono gli archivi nei quali indagare?
Anche la presidente dell'associazione delle vittime della strage, l'ex senatrice diessina, Daria Bonfietti, ricorda che non sono mica stati processati i colpevoli. La strada che consentirà di capire perché un aereo di linea con 81 passeggeri a bordo è stato abbattuto in tempo di pace non è assolutamente interrotta. E per avvicinarsi il più possibile e il prima possibile a questa conclusione secondo Priore sarà fondamentale il ruolo di un esecutivo forte che faccia sentire chiaramente la sua voce.
Forse, un po' come successe nel '97, quando il governo Prodi di allora sollecitò il comando Nato di Bruxelles a fornire le nuove perizie sui radar.
Dopo la sentenza della Corte di Cassazione che ha assolto in via definitiva i generali dell'Aeronautica accusati di aver depistato le indagini, e che, in quanto sentenza, si rispetta e non si commenta, ecco quanto replica il magistrato.
Quale strada si può percorrere per giungere a una verità? Si potranno mai individuare i responsabili di una vicenda che, prima di ogni altra cosa, è costata la vita a 81 persone?
Dobbiamo ripartire dalla ricostruzione dei fatti che il processo di primo grado, quello di secondo grado e il giudizio di legittimità hanno lasciato intoccata. Da qui bisogna ricominciare. L'occultamento, la deviazione, il depistaggio non sono in discussione. E' necessaria una forte buona volontà per ripartire.
Buona volontà da parte di chi?
Questa buona volontà è una dote che ai miei giovani colleghi non manca. Sapranno come procedere.
I nostri archivi sono stati percorsi abbastanza. Le carte più interessanti si trovano invece fuori dall'Italia. Anche la coscienza popolare ha indicato alcuni Paesi come "sospetti". Certamente ci sono persone che sanno qualcosa in più. La stessa Nato aveva ritenuto probabile la presenza nelle acque di Ustica di una portaerei, ricordo il ritrovamento del serbatoio di un aereo sul fondo del Tirreno, il fatto che ci fosse un caccia libico.
Ritengo quelli dei Servizi e della polizia.
Lei ha accennato a un ruolo importante del Governo, senza il quale la ricerca della verità su Ustica può essere più difficile.
Certamente è importante un esecutivo forte che faccia sentire la sua voce. Io di rogatorie ne ho fatte tante, decine negli Stati Uniti, altrettante in Francia. Tanti paesi però non hanno ancora dato risposte esaurienti. Mi rendo conto che su certe cose è fisiologico tenere chiusi gli archivi tanto più su una vicenda come Ustica. Però penso che anche su questa storia prima o poi gli archivi si apriranno. Bisogna aspettare.