BOLOGNA - Torna a casa il relitto della strage di Ustica. Ventisei anni dopo la tragedia che costò la vita di 81 persone che andavano in vacanza, il Dc9 dell'Itavia esploso e caduto in fondo al mare dopo essere finito nel bel mezzo di un'azione di guerra non dichiarata, torna a Bologna col suo carico di segreti e di drammi umani. Rientra alla base in più di 2000 frammenti: valigie, sedili, maschere per l'ossigeno, pezzi della fusoliera, delle ali e motori ripescati a più di 3500 metri sott'acqua, ricomposti in anni di lavoro in un hangar a Pratica di Mare. Un viaggio di ritorno durato ventisei anni di bugie e di battaglie per la verità.
L'ultimo tratto sarà un'altra sfida perché per, consegnarlo al sindaco di Bologna Sergio Cofferati al quale la Corte d'Assise d'Appello lo ha affidato in custodia da pochi giorni, occorrerà quasi certamente chiudere l'Autostrada del Sole per due notti. I vigili del fuoco stanno organizzando un complesso convoglio che ricorderà il viaggio dell'obelisco di Axum da Roma all'Etiopia, o il percorso del sommergibile Toti che per essere trasferito da Cremona a Milano impiegò sei giorni.
Il rientro dovrebbe avvenire all'inizio di giugno perché Cofferati ha chiesto e ottenuto dal ministero della Difesa di avere il relitto entro il 27 del mese. Quello stesso giorno del 1980 il Dc9 era esploso poco prima delle 21, dopo un viaggio di 55 minuti. Ventisei anni dopo il sindaco di Bologna vuole collocarlo nel "Museo della memoria" dove il simbolo di uno dei misteri più terribili dell'Italia del dopoguerra potrà, fra un anno, essere visitato e osservato con le opere che molti artisti hanno dedicato all'associazione dei parenti delle vittime che per un quarto di secolo si è scontrata contro il muro di gomma attorno a quella strage.
Nel museo, in allestimento da alcuni anni in un ex deposito dell'azienda cittadina di trasporti e grande trenta metri per trenta, l'aereo ci entrerà dall'alto. Perché dovrà essere calato dal tetto, rimasto scoperchiato per questa ragione. Operazioni tutt'altro che agevole perché alcuni pezzi del velivolo sono di grandi dimensioni: i motori, per esempio, che pesano 4 tonnellate ciascuno, l'ala sinistra di quasi 12 metri, ma soprattutto la coda larga 11 metri e 23, alta quasi otto, e rimasta praticamente intatta. Poi c'è il problema dello scheletro della fusoliera, ventotto metri per un velivolo che in tutto è lungo 31 metri e 800 centimetri, sul quale sono stati legati con filo di ferro, uno alla volta, i frammenti dell'aereo. Ricostruito come un puzzle, tra le liti dei periti di parte, il Dc9 verrà probabilmente diviso in 3 o 4 blocchi e caricato su sei grandi carrelli.
Tutti insieme, in un unico convoglio, dovrebbero viaggiare verso Bologna. Di notte, naturalmente. E in giorni feriali. Perché il trasporto davvero eccezionale costringerà a chiudere l'A1 per tratti successivi. E forse serviranno due notti. Anche per questo i Vigili del fuoco, ai quali è stata assegnata l'operazione, stanno verificando anche altre ipotesi prima di decidere i dettagli del viaggio entro poche settimane.
"Gli aspetti politici sono stati affrontati e risolti con il ministero della Difesa - dice infatti il sindaco Cofferati - restano soltanto alcuni dettagli sui quali stanno lavorando i tecnici". Un accordo raggiunto in tempi record. La sentenza della Corte d'Assise d'appello è stata depositata il 28 marzo. Ma il documento che dispone "l'affidamento in custodia a titolo gratuito del relitto del Dc9 Itavia al sindaco pro tempore del Comune di Bologna che viene nominato custode giudiziario con facoltà di sub-delega" è solo l'ultimo atto di una lunga trattativa iniziata a metà degli anni Novanta.
Il relitto era stato ripescato dopo otto mesi di ricerche negli abissi del Tirreno quando Daria Bonfietti dell'associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica propose all'allora sindaco Walter Vitali di creare il "Museo della memoria". "Quel relitto era il simbolo stesso della strage - ricorda Bonfietti - ripescarlo era costato miliardi di lire, tecnologie, lavoro. Dovevamo buttarlo?". Il ministro di allora, Walter Veltroni, finanziò l'operazione, le istituzioni locali firmarono un accordo con i ministeri dei Beni culturali e della Giustizia. Giorgio Guazzaloca e il governo di centrodestra confermarono gli impegni.
E oggi il Dc9 può tornare a Bologna.