Bisogna ricordare, bisogna capire, bisogna chiedere. Per questo in occasione del XXVII anniversario della strage si inaugura a Bologna il museo per la Memoria di Ustica: lì il relitto del Dc9 Itavia, il testimone-protagonista della vicenda che ha accompagnato nell'ultimo viaggio, fino all'ultimo palpito di vita, le 81 vittime innocenti, ripescato dal Tirreno e ricomposto per effettuare le varie perizie a Pratica di Mare, poi riportato a Bologna da dove era iniziato il suo ultimo viaggio, dialogherà con una grande istallazione di Christian Boltanski, uno dei più importanti artisti contemporanei a livello mondiale, che ha fatto della memoria il tema costante della sua ricerca.
E ci porrà con maggior forza, anche con l'emozione dell'arte, le domande che in questi anni abbiamo rivolto alle Istituzioni che non hanno reagito con un sussulto di dignità nazionale quando il giudice Priore, dal 1999, ci ha posto davanti una prima verità sulla tragedia: «l'incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il Dc9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un'azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto».
Penso che solo il sospetto dell'abbattimento di un aereo civile durante il viaggio su una rotta interna avrebbe richiesto ben altra determinazione, ad esempio nelle richieste di spiegazioni a Paesi amici ed alleati.
E analoghe le domande alla politica che negli anni non ha saputo trovare la forza per chiedere conto di tutto ciò che è successo quando era stata la Commissione Stragi del compianto senatore Gualtieri ad «indicare al parlamento le responsabilità delle istituzioni militari per avere trasformato una "normale" inchiesta sulla perdita di un aereo civile, con tutti i suoi 81 passeggeri, in un insieme di menzogne, di reticenze, di deviazioni, al termine del quale, alle 81 vittime, se ne è aggiunta un'altra: l'Aeronautica militare».
Quel relitto è diventato il simbolo dell'impegno per la verità, prima inabissata nell'indifferenza, poi poco alla volta richiamata all'attenzione, ripescata con una grande mobilitazione dell'opinione pubblica, poi studiata, sistemata, in parte conquistata da una stagione di impegno della magistratura. Oggi ritrovarsi attorno a quella carcassa, sentire le emozioni trasmesse da una grande opera d'arte, deve dare ancor più la forza per raccogliere documentazione, per studiare quell'avvenimento e questi lunghi anni di impegno civile e di vita politica italiana.
Non cerchiamo una memoria retorica imbalsamata che dia tranquillità, vogliamo una memoria che faccia sentire il bruciore della ferita spinga ancora all'impegno che aumenti l'ostinazione della ricerca.
La completa verità deve rimanere il nostro orizzonte, verità per i nostri cari, per 81 cittadini innocenti, ma , a questo punto, ancor di più per la dignità di tutti: a partire dalla vicenda di Ustica bisogna ribadire che l'Italia non può più essere il Paese delle troppe verità negate.