Lunedì 6 novembre entrerà nel vivo a Torino il processo per i fatti di via Po del 18 giugno 2005. Quel giorno all'interno di una manifestazione antifascista, indetta in seguito all'accoltellamento di due giovani da parte di un gruppo di fascisti, ci furono cariche da parte delle forze dell'ordine e forme di resistenza da parte dei giovani antifascisti antagonisti.
Il reato contestato è quello di Devastazione e saccheggio e la sua gravità prevede l'applicazione di una elevata pena carceraria.
L'imputazione di tale reato ha portato a misure di custodia cautelare incomprensibilmente dure: 20 giorni di carcere, sei mesi di arresti domiciliari e quattro con obbligo di firma tre volte alla settimana.
I ragazzi coinvolti rischiano dagli 8 ai 15 anni di carcere.
Gli episodi imputati, pur criticabili, sono nati all'interno di una manifestazione politica. Il reato contestato in passato ha evocato scenari da guerra civile, oggi non pare più cosi: per effetto della stessa imputazione 25 ragazzi sono stati in carcere per ben più di cento giorni a Milano prima del processo. Un processo che per la prima volta afferma, in netto contrasto con il principio della responsabilità individuale, che non è necessario commettere atti di devastazione e saccheggio per essere condannati, ma è addirittura sufficiente il solo "concorso morale" in quanto presenti alla
manifestazione.
- Riteniamo che la risposta delle Istituzioni al dissenso giovanile, anche quando espresso con metodi radicali, non possa essere data giuridicamente attraverso restrizioni della libertà e l'inasprimento deIle pene.
- Difendiamo il principio che le opinioni e la pratica politica, come / appartenenza degli imputati ad ambiti di lotta politici, non possano essere di per sé reato e quindi perseguibili, ma solo i fatti compiuti debbano essere con commisurazione contestati.
- Lanciamo un appello affinché l'uso di imputazioni forti, non comparabili con i fatti, e le dure misure di custodia cautelare, non favoriscano un clima di pregiudizio specifico e più generale verso la libertà di espressione e manifestazione.
- Riteniamo, inoltre, che il problema del rapporto tra il dissenso dei giovani e le istituzioni, al di là dei singoli episodi, debba essere oggetto di una generale e attenta riflessione da parte della società civile affinché non prevalga il facile aspetto della criminalizzazione ma quello del dialogo con una realtà giovanile critica, ma non sempre codificabile dentro gli schemi della politica che siamo abituati a conoscere. Per questo motivo con l'associazione Pasquale Cavaliere abbiamo promosso con un incontro all'Avogadro il 16.06.06 un primo momento di riflessione, e oggi, in qualità di genitori dei ragazzi coinvolti a Torino, intendiamo promuovere un Comitato di lavoro per proseguire I'iniziativa di riflessione e sensibilizzazione
Comitato genitori 18 giugno