CATANZARO - Le carte giacciono da molti anni. Il tempo le consuma. Dicono che in tutto sono 500 mila fogli. Gli atti del processo per la strage di Piazza Fontana, le istruttorie, centinaia di fotografie, bobine, un giallo Mondadori che diedero a Pietro Valpreda quando chiese qualcosa da leggere in cella. «C'è tutto» assicura Gregorio Greco, presidente del Tribunale di Catanzaro. «Ma a trovare qualcosa in particolare ci si può perdere la testa» ammette Luigi Severino, l'economo, che in mancanza di archivisti fa da memoria storica e guida i visitatori nel sotterraneo.
Archivio del palazzo di giustizia di Catanzaro, settore C: dietro l'anta numero 5 di un lungo raccoglitore metallico c'è un pezzo di storia d'Italia che rischia di andare perduto. Fuori c'è scritto «Valpreda». Dentro sono conservate, alla rinfusa, centinaia di cartelle dalle intestazioni più diverse. Relazioni dei servizi segreti. Vecchi faldoni su «Ordine Nuovo». Una carpetta impolverata: «Allegato numero 5, fascicolo fotografico». Un nastro uscito chissà quando dall'ufficio istruzione del Tribunale di Milano: «Riservatissimo» dice il timbro sull'involucro.
Fino al 2000 era tutto nel vecchio palazzo di giustizia del capoluogo calabrese. Laggiù, ricorda chi li ha visti, gli atti stavano nei cartoni del Vernel. Un tempo c'erano anche i «reperti». Poi i pezzi dei vestiti delle 17 vittime della bomba alla Banca Nazionale dell'Agricoltura li hanno buttati via: «Puzzavano. Erano marci. Anche con le finestre aperte nella stanza non si poteva più entrare» dice Severino.
Le carte sono state spostate, raccolte su scaffali. Ma non basta. Più di un anno fa, in una lettera al ministero della Giustizia, il presidente del Tribunale scriveva che gli atti «sono spesso costituiti da dattiloscritti ormai sbiaditi, gli indici sono, per la frastagliata composizione del processo, parziali. Spesso, sin dall'origine, sul frontespizio dei faldoni non è indicato il contenuto». Tutto vero. A Catanzaro ci sono veline che hanno più di 30 anni, manoscritti che rischiano di diventare illeggibili. Originali di cui non esiste una copia. E da Bari, una delle sedi che hanno ospitato il processo, hanno rimandato qui grossi scatoloni, uguali a quelli di un trasloco. Cosa contengano non lo sa nemmeno Severino.
La lettera del presidente Greco finiva così: «L'intervento non può esaurirsi nella riproduzione informatica, ma anche in un riordino logico e cronologico».
Era luglio del 2005. Poco prima, a maggio, i familiari delle vittime della strage si erano rivolti al presidente Ciampi. Chiedevano che i documenti fossero digitalizzati: «Eliminare anche un solo tassello di quel periodo, come gli atti giudiziari, significa vedere i nostri morti innocenti morire una seconda volta». Ciampi ne parlò a Roberto Castelli, allora ministro Guardasigilli, che investì della questione la Direzione generale risorse materiali. Il risultato è in una nota d'inizio estate: «Vista l'importanza di tale documentazione questa Amministrazione si rende disponibile a stanziare un importo massimo di 50 mila euro». A dicembre dell'anno scorso il Tribunale di Catanzaro bandisce una gara d'appalto. Le buste vengono aperte il 18 gennaio 2006: le offerte migliori, quelle più a buon mercato, le fanno la ditta Poltero ( 87.500 euro) e la Software Service (85 mila). Troppo. Il ministero invita a «chiedere alle ditte già interpellate una revisione dei costi». Il fax è del 27 febbraio. Da allora è tutto fermo.
«Siamo tornati alla carica con il nuovo ministro e a luglio abbiamo incontrato il sottosegretario Daniela Melchiorre» dice Manlio Milani, dell'associazione familiari delle vittime. Melchiorre conferma e racconta di aver avuto un'idea: «Noi vogliamo che abbiano soddisfazione non solo le vittime di Piazza Fontana, ma quelle di tutte le stragi - spiega -. Perciò pensavamo di usare i 50 mila euro stanziati per acquistare i macchinari che servono a informatizzare le carte, in modo da poterlo fare in futuro ogni volta che sarà necessario. Certo, poi ci vuole il personale da destinare all'incarico e il guaio è che siamo in carenza di organico. In ogni caso, ne parlerò in settimana col dipartimento dell'organizzazione giudiziaria».
Auguri. Al ministero della Giustizia, non è notizia di oggi, non hanno soldi. Non ce ne sono per la carta, né per le auto. Chissà se ci sono ancora i 50 mila euro stanziati a suo tempo. «Ma informatizzare quelle carte è un'iniziativa giusta - dice Guido Salvini, che a Milano come giudice istruttore ha svolto gran parte della nuova inchiesta sulla strage -. Non sono solo gli atti di un caso giudiziario, ma una fotografia dell'Italia degli anni '60 e '70. Un pezzo di storia che interessa e continuerà a interessare a tanti studiosi e studenti». Gerardo D'Ambrosio, oggi senatore dell'Ulivo, ieri Procuratore di Milano, è d'accordo: «Lasciare perdere queste cose sarebbe sbagliato. Ci sono persone che ancora mi chiedono di quella mia sentenza su Pinelli. Ma gli atti del processo Pinelli, ho scoperto, sono stati distrutti».
Mario Porqueddu