Si è detto che la bomba di Piazza Fontana è stata il simbolo della innocenza perduta di una generazione che si era gettata nell'impegno politico con entusiasmo e generosità; oggi la sentenza della Cassazione, una sentenza della quale bisogna prendere atto, pur continuando a credere che nelle lunghe indagini e nei contributi processuali delle parti civili e della stessa Avvocatura dello Stato, ci fossero validi elementi per una diversa conclusione, rischia di divenire il simbolo di un Paese che non riesce a scrivere la verità su pagine importanti della propria storia e sugli intrighi che si celano all'interno degli apparati dello Stato.
Se un Paese non può esistere senza la sua storia, oggi chiaramente ci troviamo davanti ad una sentenza che, riconoscendo l'incapacità della Magistratura di arrivare a delle conclusioni sulle responsabilità individuali, mette il cittadino davanti alla sensazione che ci siano parti della vicenda nazionale che debbono rimanere oscure, fuori della conoscenza comune.
Dobbiamo anche ricordare la grave responsabilità della politica in questi lunghi anni, per non aver trovato la determinazione per imporre la volontà di completa trasparenza su tutti gli apparati, su ogni forma di colpevole silenzio.
Ci siamo trovati davanti, insomma, ad un messaggio estremamente negativo per la vita democratica, che ha permesso di perpetuare il sospetto di complicità indicibili, di omertà vergognose, di situazioni che sono sfuggite ad ogni controllo.
Nonostante tutto ciò, credo non si debba mai dimenticare che comunque la verità storica è stata ben accertata.
E' certo che per fermare il vento di sinistra che avanzava alla fine degli anni '60, uomini dei Servizi Segreti, del Sid, uomini politici e dei vertici militari usarono terroristi di estrema destra per azioni criminose fino alle stragi.
E' certo che, quando l'agente del Sid, Giannettini, si decise a parlare con i giudici di Milano che indagavano, fu tolto, a questi ultimi, il processo stesso, ad opera della Cassazione.
Ed è perciò importante ricordare e ribadire, pur con la comprensibile amarezza per l'ultima decisione della Cassazione, che l'impianto e la ricostruzione ambientale fatta dal Giudice Salvini, nella sua lunga inchiesta, restano integri, così come rimane la certezza che il progetto stragista è maturato negli ambienti dell'estrema destra eversiva e che le coperture furono di uomini degli apparati dello Stato. Negli anni '70 dicevamo: "la strage è di Stato", forse semplificando eccessivamente, oggi possiamo anche dire che lo Stato, le istituzioni non hanno ancora avuto la forza, la dignità morale, la volontà politica necessaria per fare "verità" e individuare responsabilità, almeno al loro interno.
Oggi più che mai mi sento di esprimere la mia solidarietà e la mia vicinanza allo strazio dei parenti delle vittime che debbono sopportare anche la beffa della condanna al risarcimento delle spese processuali.
Daria Bonfietti