Guido Salvini, il giudice che si è occupato della strage di piazza Fontana, chiese a dicembre di raccogliere la testimonianza di Giovanni Ventura. Sebbene le indagini siano ormai chiuse da un pezzo, infatti, c'è ancora chi, come Salvini, continua a cercare la verità sulla strage del 12 dicembre 1969. Solo un anno fa a Brescia - dove è ancora aperto il processo per la strage di piazza della Loggia - un testimone, ritenuto attendibile, ha parlato ai magistrati dei suoi rapporti con Ventura. Spiegando: "Suo fratello Luigi mi aveva anticipato la realizzazione di attentati nell'autunno del 1969 in previsione di un mutamento degli assetti costituzionali in Italia".
Salvini, cos'avrebbe potuto dire Ventura?
"Avrebbe potuto parlare dei piani alti. Raccontare della fase decisionale degli attentati, che ci porterebbe a Roma".
Alla politica.
"Come raccontò il ministro Taviani, ad altissimi livelli, a Roma, si sapeva quel che sarebbe avvenuto".
E il ruolo di Ventura qual era?
"Era una figura cruciale. Teneva i rapporti con Guido Giannettini, il giornalista legato al Sid, i servizi segreti. Nel 1973 Ventura inizia a parlare e Giannettini cerca di farlo fuggire dal carcere, su ordine diretto del Sid. Lui però, in quell'occasione, evita di farlo: temeva che in realtà volessero farlo uscire per ucciderlo".
Quali sono state, invece, le sue responsabilità nella strage?
"Fu lui a venire a Milano a portare le bombe. A chi? Su questo sono ancora in corso ricerche".
Lei ha voluto che fosse sentito in tempi recenti.
"Sono stati i familiari delle vittime a chiederlo, tramite l'avvocato Federico Sinicato. Io ho caldeggiato la richiesta perché Ventura era molto malato. Purtroppo non c'è stata sensibilità".