Il 27 aprile 1966 attivisti neofascisti del raggruppamento Caravella provocarono violenti incidenti all'interno della facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università La Sapienza di Roma in occasione del rinnovo dell'organismo rappresentativo degli studenti (ORUR). Nei tafferugli venne colpito Paolo Rossi, studente di architettura iscritto al Psi, che, sentitosi male, precipitò dal muretto che delimitava dalla parte destra la sommità della scalinata della facoltà di Lettere, morendo poi nella notte.
Le aggressioni dei gruppi fascisti, che ancora negli anni '60 avevano all'interno dell'ateneo romano un non trascurabile seguito, erano maturate in un clima segnato dall'attivismo politico degli studenti e dei professori democratici. Nell'anno accademico 1963-1964, infatti, era stato inaugurato il primo corso di storia contemporanea dedicato all'antifascismo.
La morte di Paolo Rossi accelerò i processi di democratizzazione all'interno dell'ateneo. La reazione emotiva, infatti, fu fortissima. Nella sera venne immediatamente occupata la facoltà di Lettere, poi sgomberata dalla polizia per disposizione del rettore Ugo Papi. L'indomani mattina dopo un'infuocata assemblea, dove intervenne Ferruccio Parri, nonostante i tentativi di provocazione da parte degli studenti di destra, di fronte ai quali la polizia non intervenne, otto facoltà ed istituti furono occupati per protesta.
Una grande folla partecipò ai funerali di Paolo Rossi, celebrati nel piazzale della Minerva, al centro della città Universitaria, davanti al rettorato. La protesta montò nei giorni seguenti. Studenti e docenti, riuniti nei comitati unitari interfacoltà, scavalcando gli organi tradizionali, chiesero lo scioglimento delle formazioni neofasciste, la sostituzione dei commissari di polizia presenti il giorno degli incidenti, la democratizzazione degli organi di governo e le dimissioni del rettore Ugo Papi, accusato di aver protetto l'attività dei gruppi fascisti. Solamente quest'ultima richiesta venne accolta nelle settimane successive.
Nonostante il clamore suscitato dalla protesta studentesca, il giudice istruttore dichiarò non doversi procedere per il delitto di percosse che aveva causato la morte di Paolo Rossi perché gli autori erano rimasti ignoti.
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