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La storia di Vincenzo Puzone
Enrico Puzone
15 luglio 2006

La storia di Enzo è semplice e terribile al tempo stesso.
Arrestato a dicembre e portato a san vittore, fu subito vittima di un violento pestaggio che lo ridusse in coma e lo fece ricoverare al civilissimo Policlinico di Milano dove i medici gli asportarono la milza e diedero 130 punti di sutura.
Rilevarono altresì la presenza di una cirrosi epatica in atto ma pensarono bene di dichiarare la compatibilità con il carcere.
Enzo venne così trasferito nudo, con il solo camice dell'ospedale in gennaio, al Bassone di Como, dopo che le guardie impedirono a nostra madre di dargli almeno un paio di mutande.
in gennaio partì la richiesta per l'affidamento in comunità vista la sua tossicodipendenza e le gravissime condizioni fisiche e pur ottenendo la disponibilità di 1 centro di Varese, il giudice dott.ssa AMICONE del tribunale di Varese respinse la richiesta.
Il ragazzo tentò prima il suicidio ma fu salvato in tempo e poi si aggravò fino a rendere insufficiente persino la possibilità di espletare i normali bisogni fisici con grave imbarazzo dello stesso che veniva dileggiato dai suoi stessi compagni assolutamente incapaci di capire la grave malattia che lo stava divorando.
Pur chiedendo più volte aiuto ai sanitari del Bassone, il ragazzo veniva imbottito di psicofarmaci e di manganellate.
La cirrosi si trasformò in encefalopatia epatica e la sepsi aggredì tutti gli organi fino a portarlo in coma dove fu tenuto una intera giornata in cella controllato da un detenuto piantone senza la minima cura.
Arrivato finalmente al pronto soccorso gli fu riscontrata, oltre alla encefalopatia e allo shock settico, una ustione fortissima sull'osso sacro provocata probabilmente da un ferro da stiro o da una caffettiera: i risultati autoptici diranno di più, fu l'ultimo marchio prima di uscire dal carcere.
Una volta al Sant'Anna e nonostante i medici ci dissero che non c'erano speranze era continuamente piantonate da due guardie.
Un ragazzo morente, senza alcuna possibilità di fuga era lì controllato e inavvicinabile se non con il permesso del direttore del carcere di Como dottor RINALDI, il quale alle lamentele dei miei genitori circa le mancate cure del Vincenzo ebbe a rispondere: SIAMO IN UN CARCERE NON IN UN ALBERGO.
Evidentemente il Dottor Rinaldi non sa distinguere tra un albergo,un carcere e una camera di tortura.
Lo stesso direttore che ogni giorno e per 4 giorni ci fece fare anticamera per poterci dare un permesso Giornaliero per poter assistere alle ultime ore di mio fratello.
Chiedemmo la scarcerazione che la famosa dottoressa AMICONE di Varese concesse solo dopo essersi accertata che per il Puzone Vincenzo non vi era più nulla da fare.
Scarcerazione che avvenne il 21 giugno e che diede almeno a mio fratello la dignità di morire da uomo libero il 3 luglio.

Nell'assumermi la totale responsabilità di quanto dichiarato, resto a disposizione per eventuali chiarimenti.

Enrico Puzone


***


pubblichiamo di seguito anche un lancio Ansa del 13 luglio 2006 (che però riporta il nome sbagliato):
Como: la Procura apre inchiesta sulla morte di un detenuto

Ansa, 13 luglio 2006

La Procura della Repubblica di Como ha aperto un fascicolo per fare luce sulle cause della morte di un detenuto del carcere del Bassone, un tossicodipendente di 36 anni, di nome Vincenzo De Angelis. Secondo la denuncia del fratello, infatti, pubblicata ieri su internet anche dal blog di Beppe Grillo, le gravi condizioni di salute del detenuto sarebbero state a lungo ignorate, e la morte sarebbe stata provocata da uno choc settico derivante da una encefalopatia epatica di cui nessuno si era interessato, nonostante le reiterate richieste di assistenza. Vincenzo era stato arrestato nel dicembre scorso e rinchiuso nel carcere di San Vittore dove, sempre secondo la denuncia del fratello, venne aggredito dai compagni di cella, che gli procurarono lesioni suturate con 130 punti e che costrinsero i sanitari ad asportargli la milza.

Trasferito a Como, fece domanda per entrare in una comunità per disintossicarsi e ottenne la disponibilità di un centro di Varese ad accoglierlo ma il giudice di sorveglianza gli negò il ricovero. A quel punto il detenuto tentò il suicidio ma venne fermato in tempo. Dopo qualche giorno si aggravò ma - secondo il fratello - pur facendo più volte presente al personale del carcere di stare male, questi non lo ricoverarono finché non lo trovarono in coma senza più quasi segni di vita. La direzione della Casa circondariale, pur non volendo entrare nel merito della inchiesta in atto, conferma che Vincenzo ricevette il consenso alla scarcerazione il 21 giugno scorso.


Vedi anche:
Morti nelle carceri: Il lazzaretto del bassone