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Graphic novel. "Gesto d'amore" in memoria di Cucchi
Tullia Fabiani
Fonte: L'Unità, 28 marzo 2010
28 marzo 2010

Una lettera: «Caro Francesco, sono al Sandro Pertini in stato di arresto. Scusa se stasera sono di poche parole, ma sono giù di morale e posso muovermi poco. Volevo sapere se potevi fare qualcosa per me. Adesso ti saluto, a te e agli altri operatori...». Un post scriptum: «Per favore rispondimi». A seguire il silenzio. La lettera non è stata mai fatta arrivare a destinazione; Francesco non ha potuto fare nulla per lui. Stefano Cucchi è morto il giorno dopo aver scritto quelle parole: solo, con indosso gli stessi vestiti che portava una settimana prima, il giorno che è stato arrestato, il 15 ottobre 2009; è morto senza che i suoi genitori potessero vederlo, avere sue notizie; è morto con il corpo segnato da fratture ed ecchimosi.

Disidratazione: è la motivazione ufficiale arrivata al termine di un'inchiesta parlamentare. Lui rifiutava cibo e liquidi, ma i medici non hanno fatto nulla per salvargli la vita, è scritto in sostanza. Non solo: le fratture, gli ematomi, le lesioni restano da spiegare. L'inchiesta giudiziaria è in corso, nove persone sono indagate: tre guardie penitenziarie accusate di omicidio preterintenzionale e sei medici del Pertini, accusati di omicidio colposo. E mentre la famiglia aspetta risposte dalle indagini (a fine mese saranno depositate, dopo una serie di rinvii, le perizie dei consulenti della procura); mentre la salma di Stefano è stata sepolta all'insaputa dei famigliari, che solo dieci giorni dopo hanno saputo, nel cimitero di San Gregorio da Sassola, in libreria arriva un libro che racconta questa storia, come "una storia che riguarda tutti".

È una graphic novel, scritta da Luca Moretti, disegnata da Toni Bruno - edita da Castelvecchi - con un contributo di Cristiano Armati. Il titolo, "Non mi uccise la morte", è preso a prestito dal verso di una canzone di De André, che nei giorni successivi alla morte di Stefano è stato impresso su centinaia di manifesti: "Non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte mi cercarono l'anima a forza di botte". Una delle 82 tavole ricorda proprio quel volantino. La storia ripercorre tutte le tappe della vicenda Cucchi: dal giorno dell'arresto al Parco degli Acquedotti, "tra due lauri avvenne la congiura", fino alla lettera mai consegnata e resa nota solo dopo la morte di Stefano. I disegni, molto incisivi nel tratto e nella caratterizzazione dei personaggi, rendono con forza la drammaticità della vicenda. L'arbitrio, la violenza e l'ironia becera delle forze dell'ordine coinvolte; la paura, la rabbia, il dispiacere di Stefano che in tribunale dice "Papà perdonami" e in ospedale chiede a una volontaria: «Può dire a mia sorella di tenermi il cane... se lo ricordi mi raccomando»; l'angoscia di sua madre che giorno e notte pensa a quel figlio isolato in ospedale, in difficoltà, senza potergli stare accanto, senza poterlo abbracciare e baciare. Senza poter far niente per lui. Fino alla beffa: la notifica da parte dei carabinieri per l'incarico a eseguire l'autopsia; così la madre di Stefano sa che suo figlio è morto.

«Per me è stato molto pesante disegnare queste tavole - racconta Toni Bruno - mi sono sentito in difficoltà: rappresentare gli occhi del padre, gli occhi della madre. Certe emozioni mi bloccavano. Più arrivavano le notizie su come erano andate le cose a Stefano, più mi cresceva uno schifo interiore. Uno sgomento che non riuscivo a trattenere mentre disegnavo. L'umore era nero. Sinceramente non vedevo l'ora di finire». La necessità e la voglia di raccontare però sono state più forti, e sono nate da una sensazione precisa che ha accomunato gli autori: «Abbiamo pensato che domani potrebbe succedere anche a noi - spiega Luca Moretti - è la prima cosa che ho detto a mia madre quando ho saputo del caso Cucchi. Potrebbe succedere a chiunque. Non ci possiamo fidare delle istituzioni che ci dovrebbero tutelare, è una cosa tremenda. Per questo capisco la rabbia che spinge la famiglia di Stefano ad andare avanti nella ricerca della verità, e che la porta perfino a chiedere che venga cambiato il nome dell'ospedale intitolato a Sandro Pertini, grande eroe della Resistenza e presidente. È parte della loro sofferta battaglia, condotta finora con etica e coraggio».

In questa battaglia in qualche modo entra anche questo libro: «Non è facile pensare a questi disegni, vedere l'immagine di Stefano in quei momenti - commenta Ilaria Cucchi - è pesante. Ma anche questo è il prezzo che abbiamo scelto di pagare, cominciando dalla pubblicazione delle foto, per la nostra sete di giustizia». È una storia che riguarda tutti, hanno scritto. La storia di un abbraccio che non è mai stato. Deve essere raccontata.