Rete Invibili - Logo
Vent'anni fa veniva ucciso a Milano Luca Rossi Morire giovani e senza colpe come "danni collaterali"
Claudio Jampaglia
Fonte: Liberazione, 23 febbraio 2006
23 febbraio 2006

Vent'anni fa Luca Rossi, oggi Federico Aldrovandi. Quanti sono i ragazzi di vent'anni morti per Legge reale, per eccessi di legittima difesa, per accanimenti e soprusi nelle mani delle forze dell'ordine? Tanti, troppi.
Una storia italiana nascosta sotto il tappeto. In nome dell'ordine e della sicurezza infinita Luca, Federico, come Carlo e centinaia di altri sono danni collaterali. Non è così, non possiamo accettarlo. Madri e padri, amiche e compagni, chiedono giustizia al paese, perché l'abuso di potere è mortale, la detenzione d'arma è un pericolo per tutti. Basterebbe contare i reati in privato dei cittadini in divisa per capirlo.
La storia di Luca è quella di una memoria collettiva, vent'anni di racconti, testimonianze, politica, cultura, inchieste. «Erano gli anni '80, ci si avviava a credere che la Storia fosse del tutto finita. Tutti avevano la loro piccola proprietà da difendere», scrive il media-collettivo Socialpress nel numero dedicato ai vent'anni senza Luca, «e Milano era il simbolo di questo processo». Dopo la grande paura operaia, le bombe nere e i terrorismi, nella grande illusione del conflitto azzerato prosperava Craxi e si formava Berlusconi. Prima che nascesse un'altra paura, più falsa e ipocrita di tutte le altre, quella degli immigrati, a Milano si attraversava il deserto protestando contro l'ennesima riforma scolastica (era la ministra Falcucci) e raccogliendo firme per abrogare il nucleare e la caccia. Cosa restava a chi non aveva allora nemmeno vent'anni e sognava un mondo migliore tra canzoni e amici, nello specchio della famiglia e del quartiere? Ripiegare nel privato o scegliere tra una Fgci imbalsamata, i collettivi di Dp, l'autonomia e nuovi spazi sociali, case occupate. Anni '70 usciti dal fracasso.

In quel brusio, correndo per prendere la filobus in piazzale Lugano due colpi di pistola sparati da un poliziotto fuori servizio spezzano la vita di Luca Rossi, di rimbalzo. Era la sera del 23 febbraio 1986 e quello sparo mise fine a una vita e ne diede a una memoria collettiva, a una rabbia diventata ascolto, progetto. Gli amici e i compagni di Luca sono ovunque, in quasi tutte le mobilitazioni e le "questioni" di questi vent'anni. Un piano ideale sceso da tanto dolore nel fare quotidiano. Un inno alla vita.
Come era il progetto di un ragazzo della Bovisa, figlio di lavoratori, che dal tecnico passava a filosofia, militante in Dp, volontario con i disabili, obiettore di coscienza e appassionato degli altri, delle relazioni che fanno vita e politica.

Dopo le processioni alla pozza di sangue, i fiori e il corteo, l'abbraccio di Milano e i funerali sotto la neve, il primo impegno fu uguale a quello delle centinaia di "amici di ...": ricostruire la storia, l'evento. Ma ce n'era poco, anche se tentarono di negare pure quello. Il poliziotto di 27 anni aveva il grilletto facile e l'avvocato della famiglia, Gaetano Pecorella (si proprio lui, il legale di Berlusconi e deputato di Forza Italia, allora sinistro radicale) ci mise poco a dimostrare che sparò ad altezza uomo e alle spalle di "balordi" con cui si era intrattenuto e poi menato. Il processo con alterne vicende lo condannò. Ma non era nei tribunali la giustizia che si cercava. La storia di Luca è quella di tanti, purtroppo, perché in Italia esiste una "pena di morte di fatto" che si chiama Legge Reale, non punisce colpevoli, ma innocenti. Il Centro di iniziativa Luca Rossi in quattro anni presenta un "libro bianco": il tragico racconto di 254 persone uccise e 371 ferite dal 1975 per "fatalità di legge", inseguite o a posti di blocco, al 90% disarmate e sotto i 35 anni. Un'inchiesta sempre attuale, purtroppo da aggiornare.

Da allora, ogni anno, si sono moltiplicati i messaggi e con Luca sono stati piantati alberi, costruiti ponti di pace, finanziati aguascalientes in Chapas e scuole in Nicaragua, è nato un comitato, un'associazione, una fondazione e una sezione di Rifondazione a suo nome, e poi corsi nelle scuole, pubblicazioni, educazione alla solidarietà e al rispetto per gli altri. Gli amici e i compagni, hanno preso strade diverse, umane e politiche, forse si sono ritrovati tutti a Genova 2001, per assistere loro malgrado a un altro passaggio della morte di Stato.

I vent'anni che aveva Luca, sono quelli che avevano Carlo e Federico. I vent'anni passati con Luca, ora sono narrati in un libro bellissimo edito da Socialpress, foto, racconti, poesie, letteratura e politica, con due cd di brani musicali, con tutti i testimoni di quella Milano di allora e di oggi. Chi vuole capire, dopo una festa in quartiere e il torneo di scacchi, ha ancora a disposizione una serata al Dal Verme, venerdì, con grandi nomi
dello spettacolo (la costola artistica di Dp milanese, nata con Smemoranda e proseguita fino allo Zelig) e bravi musicisti e poi un convegno dal titolo "La paura mangia l'anima", alla biblioteca di via Baldinucci, sabato pomeriggio. Perché più forte della morte è solo la memoria agita, trasmessa, vissuta.

Vedi anche:
Luca Rossi: Venti per Luca