dal Corriere della Sera:
Tre condanne e quattro assoluzioni nel processo per gli incidenti che, scoppiati all'ospedale San Paolo la notte tra il 16 a il 17 marzo 2003, seguirono la concitazione delle ore successive all'assassinio del giovane della sinistra radicale Davide Cesare, poco prima aggredito e accoltellato a morte fuori un locale da tre neofascisti. Due degli amici di Davide sono stati condannati a 1 anno e 8 mesi, mentre un maresciallo dei carabinieri si è visto infliggere 7 mesi. Alta la provvisionale in vista dei futuri risarcimenti, fissata dai giudici della quarta sezione del Tribunale in oltre 100 mila euro.
Assolti, invece, sia altri due appartenenti a centri sociali milanesi, sia altri due esponenti delle forze dell'ordine, per i quali la Procura aveva chiesto pure la condanna. Gli imputati rispondevano, a vario titolo, delle accuse di lesioni colpose, violenza e abuso di ufficio.
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da Liberazione:
Omicidio Dax, il tribunale condanna le vittime dei pestaggi
Un anno e otto mesi a due amici di Dax, sette mesi a un maresciallo dei carabinieri: è la sentenza di primo grado per le violenze all'ospedale San Paolo nella notte in cui tre fascisti ammazzarono Davide Cesare. Il giudice ha condannato le vittime: Orlando e Brega. Il primo, ripreso da un video mentre viene picchiato a terra da due poliziotti, rischia il carcere perché già condannato per antifascismo militante; il secondo, testimone dell'omicidio di Dax, si gioca la condizionale. Nessun fatto specifico contestato, erano lì. Sulle loro teste pende anche un risarcimento di 100mila euro di danni. Faranno appello. Brega lavora in ambulanza, della notte ricorda la birra con Dax, il lago di sangue sul marciapiede e le botte in ospedale: un dente rotto, trauma cranico e una costola incrinata. «Sarei scappato se avessi fatto delle violenze, invece, sono rimasto lì per farmi interrogare sull'omicidio di Dax fino alle cinque del mattino». La sentenza non lo sbalordisce: «La violenza in divisa è garantita, non sono processabili e paghiamo un clima. Come spiegherò a mio figlio chi sono quelli che quella notte hanno menato e massacrato una dozzina di persone e che la fanno franca?. » davanti a me che gioca e in tv c'è il faccione di Silvio che dice libertà, sicurezza, ricchezza per tutti. Cosa gli spiegherò di questi brutti tempi?».
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da Il Manifesto
Oltre al danno, la beffa. Due compagni di Dax condannati a un anno e otto mesi, solo sette mesi per un maresciallo dei carabinieri, altri due militanti dei centri sociali e due agenti assolti. Si è chiuso così il processo di primo grado per i pestaggi all'ospedale San Paolo avvenuti la notte del 16 marzo 2003, poco dopo l'assassinio di Davide Cesare, detto Dax, militante del centro sociale Orso accoltellato da tre neofascisti all'esterno di un bar nel quartiere Ticinese. Quella sera i compagni di Dax corsero al pronto soccorso dove era stato ricoverato il loro amico in fin di vita e furono caricati e picchiati da carabinieri e polizia, che, nonostante il clima di inevitabile tensione e dolore, li rincorsero anche nelle corsie dell'ospedale armati persino con mazze da baseball. Si tratta di una verità ben nota, testimoniata da filmati e racconti di abitanti della zona e dagli infermieri in servizio, e che è stata confermata in aula. Alla fine, però, i giudici della quarta sezione penale del tribunale di Milano hanno pronunciato un verdetto che appare al tempo stesso di compromesso e paradossale. La sentenza infatti «mitiga» le pene richieste dal pm Claudio Gittardi, che aveva chiesto due anni e dieci mesi per concorso in lesioni e resistenza aggravata contro i quattro compagni di Dax, ma anche due anni e sei mesi per il carabiniere che invece è stato condannato solo a sette mesi, due anni per lesioni e abuso d'ufficio per l'agente di polizia assolto e sei mesi per possesso di armi improprie al carabiniere M.Zen. Insomma pene annullate o ridotte per tutti e in qualche modo «bilanciate», visto che colpiscono sia due militanti dei centri sociali che un agente, anche se certo non nella stessa misura, a conferma che la bilancia della giustizia continua a pendere più da una parte. Sempre la stessa. «Si può dire che hanno dato un verdetto di compromesso - ha commentato uno dei difensori dei compagni di Dax - con mitigazioni di pena in alcuni casi consistenti. Bisognerà attendere le motivazioni per capire secondo quali criteri i giudici hanno ritenuto di non condannare il poliziotto e il carabiniere M.Zen benché per quest'ultimo fosse stata provata la detenzione della mazza da baseball». Proprio l'agente Zen è già in carcere dalla fine di gennaio perché implicato in un'inchiesta condotta dal pm Alessandra Dolci per complicità fra sette militari dell'Arma e alcuni spacciatori. Ieri Zen ha consegnato al tribunale una lettera in cui ha affermato che quella famosa mazza non sarebbe stata sua ma di un suo superiore. Per i due militanti dei centri, comunque sia, non si tratta di pene «miti», anche perché il tribunale, come se non bastasse, ha stabilito che dovranno pagare ben 100 mila euro di risarcimenti. E soprattutto perché quella notte hanno perso un loro amico assassinato, sono stati aggrediti dalle «forze dell'ordine» e adesso vengono anche condannati. «Un vero paradosso - ha commentato l'avvocato difensore Pelazza - ancor più se si considera che sono mancate prove specifiche e personali a loro carico». L'omicidio di Dax fu il più grave e tragico episodio di una lunga catena di aggressioni compiute da gruppi o «simpatizzanti» di estrema destra che continua ancora oggi in tutta la Lombardia, da Bergamo a Milano, da Varese a Brescia. Sempre nel quartiere Ticinese alcuni mesi dopo l'uccisione di Dax, altri neofascisti ferirono alla gamba con un coltello un altro ragazzo in un bar e nella notte tra il 7 e l'8 agosto 2004 un gruppo di naziskin, ultras Irriducibili dell'Inter, armati di spranghe e coltelli assediarono il centro sociale Conchetta. I militanti del centro uscirono per difendersi, un ragazzo fu accoltellato dai neofascisti all'addome e rimase per alcuni giorni in prognosi riservata. Proprio ieri, per quell'aggressione, il gup Antonella Brambilla ha condannato dieci naziskin con patteggiamento e rito abbreviato a pene che vanno da un anno e 4 mesi a quattro anni e 8 mesi di reclusione per tentato omicidio, rissa e aggressione.