scheda a cura di Francesco "baro" Barilli
Nella notte fra il 16 e il 17 marzo 2003 moriva Davide “Dax” Cesare, militante del Centro Sociale O.R.So (“Officina di Resistenza Sociale”) di Milano. Era da poco uscito, assieme ad alcuni compagni, da un bar del quartiere ticinese. Fuori, ad aspettare i ragazzi, un paio di neofascisti armati di coltelli, spalleggiati da un terzo elemento più anziano. Si scoprirà solo in seguito che i due giovani sono fratelli e che l’uomo è il loro padre; si tratta rispettivamente di Federico, Mattia e Giorgio Morbi (28,17 e 54 anni all’epoca del fatto). L’aggressione dei neofascisti è rapida e particolarmente violenta. Numerose coltellate vengono inferte in punti vitali: Davide non giungerà vivo all’ospedale; altri due ragazzi sono feriti (uno in modo grave, ma si salverà).
Alla tragedia di Dax seguono altri fatti a dir poco inquietanti. Prima il ritardo nei soccorsi; sul luogo del delitto arrivano per prime numerose pattuglie di polizia e carabinieri, che rendono ancora più difficoltoso l’arrivo del personale medico. Poi al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo, gli amici dei feriti (sconvolti dalla notizia che per Davide non c’è più nulla da fare) vengono brutalmente picchiati dalle forze dell’ordine. Uno scenario che ricorda tristemente le cronache di Genova e Napoli 2001; con la differenza che, stavolta, la brutalità della polizia non ha neppure la debole scusa delle tensioni di piazza. Una brutalità che finirà col coinvolgere anche personale di assistenza medica e pazienti dell’ospedale: in seguito alle cariche il pronto soccorso dovrà cessare il servizio fino alle sette del mattino seguente, e numerosi pazienti finiranno con l’essere trasferiti in altre strutture.
Infine giunge l’ultima vergogna, quasi un marchio di fabbrica delle vicende di cui abbiamo parlato finora: le menzogne degli apparati dello Stato, assecondati da organi di stampa sempre compiacenti e aiutati a posteriori dalla copertura morale prontamente offerta da certi politici. L’omicidio viene spiegato con il degenerare di una “rissa tra balordi”. Il pestaggio dei giovani al San Paolo viene giustificato con la reazione delle forze dell’ordine alle intemperanze dei compagni di Dax, ed in special modo alla loro richiesta di “trafugare” dall’ospedale la salma. Per fortuna le testimonianze dei giovani presenti all’ospedale, assieme alle dichiarazioni coraggiose di elementi del personale medico del San Paolo, hanno in seguito smentito quelle prime ricostruzioni (senza che, purtroppo, la stampa nazionale si sia affannata troppo nel concedere a tali smentite uno spazio uguale a quello che ebbero le prime, false versioni).
Dal punto di vista processuale la vicenda è tuttora aperta su più fronti: per la morte di Davide, Giorgio Morbi è stato già prosciolto (non ci sarebbero prove della sua partecipazione diretta all’agguato mortale); al giovane Mattia è stata riconosciuta quella che giuridicamente si chiama “messa in prova” (tre anni sotto il controllo di una comunità, al termine dei quali sarà valutato il suo “percorso di recupero”); a rispondere dell’omicidio resta dunque il solo Federico Morbi. Per quanto concerne i fatti del San Paolo, sono ancora aperte le indagini; presto si dovrebbe arrivare ai processi, sia a carico di alcuni giovani, sia a carico di alcuni fra gli agenti colpevoli dei pestaggi.
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