È la prima vittima della rivolta di Reggio Calabria. Nel luglio del 1970 l'intera città si mobilita contro la decisione di stabilire a Catanzaro il capoluogo della Regione, sottraendo a Reggio uffici e posti di lavoro. Ma se questa è la miccia che fa scoppiare la rivolta, a monte c'è una situazione incancrenita di disagio: il boom che stava cambiando il volto del Nord del paese non aveva scalfito al sud quel sistema fatto di mafia, malcostume, immobilismo. La Calabria pagava ancora un prezzo salato in termini di rioccupazione, criminalità, emigrazione. Il 15 luglio del 1970 la città viene bloccata da una serie di manifestazioni di piazza: a mezzogiorno i primi scontri tra polizia e cittadini. Alle 23:30 del 15 luglio un gruppo di carabinieri trova in via Logoteta, una traversa del corso principale, il cadavere di Bruno Labate, 46 anni , frenatore delle ferrovie, iscritto alla Cgil. Si tratta della prima vittima dei fatti di Reggio. La morte emoziona i manifestanti, che partecipano in massa ai funerali di Labate. Nei giorni seguenti la guerriglia urbana si fa sempre più cruenta, con il tentativo di assalto alla questura, l'incendio della stazione ferroviaria di Reggio Lido, l'interruzione delle strade. I disordini si estendono anche a diversi centri della provincia reggina; particolarmente grave è il blocco di Villa San Giovanni, unica via di collegamento con la Sicilia.
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