NELLA sanguinosa storia del G8 è il processo della vergogna, quello per cui alcuni ministeri si rimpallano da anni il dovere giuridico e morale dei risarcimenti alle vittime. Mercoledì inizia, davanti alla Cassazione, l'ultimo atto della vicenda Bolzaneto, il carcere speciale del G8 del 2001, un buco nero della democrazia realizzato anche grazie al beneplacito di una procura che dodici anni fa permise la creazione di una prigione degna di una dittatura.
La storia è tragicamente nota: oltre trecento manifestanti, alcune decine già massacrati alla scuola Diaz, finirono nella cittadella dove ha sede il Reparto Mobile di Genova (nessuno dei poliziotti del reparto è mai stato indagato anche perché la struttura fu gestita da altri) e, privati della possibilità di incontrare i loro legali, vennero brutalizzati, umiliati, picchiati, minacciati in ogni modo.
Purtroppo è già noto anche l'esito del procedimento dal punto di vista penale. Quasi tutto prescritto e quel poco che non lo sarà, in caso di conferma delle condanne da parte della Cassazione, sarà cancellato dall'indulto che ha già salvato i super poliziotti della Diaz.
A differenza dell'altro processo simbolo però, qui nessuna delle parti civili ha mai ricevuto un euro delle provvisionali fissate dai giudici d'Appello. I ministeri interessati (Giustizia e Interni) da anni si rimpallano l'obbligo di procedere al risarcimento. Ma la verità è che, mentre alla Diaz i risarcimenti servivano per migliorare, per quanto possibile, la posizione degli alti funzionari e aiutarli a salvarsi dal carcere, per il processo Bolzaneto ci sono in ballo nomi assai meno altisonanti e soprattutto nessuno rischia più la galera.
Per tre giorni, da mercoledì a venerdì, si discuterà la sentenza con cui il 5 marzo 2010 la Corte d'Appello di Genova dichiarò responsabili civilmente tutti i 44 imputati del processo, seppur con i reati prescritti. Sette imputati sono stati condannati anche penalmente a pene comprese fra uno e tre anni: sono l'assistente capo della Polizia di stato Massimo Luigi Pigozzi (3 anni e 2 mesi divaricò le dita della mano di un detenuto fino a strappare la carne), gli agenti di polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia (1 anno) e il medico Sonia Sciandra (2 anni e 2 mesi). Pene confermate a 1 anno per gli ispettori della Polizia di Stato Matilde Arecco, Mario Turco e Paolo Ubaldi, che avevano rinunciato alla prescrizione.
Tra i passaggi più significativi delle motivazioni della sentenza c'è questo: «Richiamarsi platealmente al nazismo e al fascismo, al programma sterminatore degli ebrei, alla sopraffazione dell'individuo e alla sua umiliazione, proprio mentre vengono commessi i reati contestati o nei momenti che li precedono e li seguono, esprime il massimo del disonore di cui può macchiarsi la condotta del pubblico ufficiale ». E a Bolzaneto non furono solo le divise delle forze dell'ordine ad essere disonorate, ma anche quelle di diversi medici dell'amministrazione penitenziaria.