Roma - «Francesco Gratteri è un gigante della lotta al crimine. E io sono onorato di potermi avvalere della sua professionalità». Parola di Tano Grasso, il promotore della fondazione antiusura. Che rivela: il funzionario della polizia condannato per il blitz alla scuola Diaz, alla fine dei due giorni di scontri sulle strade al G8 del 2001, da gennaio è impegnato come volontario allo sportello della fondazione nella Capitale. E ora Grasso chiede che Gratteri possa scontare lì, come pena alternativa, l'anno residuo di pena inflitta per quei fatti.
Un'uscita forte, quella di Grasso, da sempre uno dei simboli della lotta alla mafia delle estorsioni. Era il 1990: da Capo d'Orlando, provincia di Messina, partiva la ribellione contro il racket. Da allora intorno all'iniziativa di Grasso si sono riunite sessanta associazioni con sportelli aperti un po' in tutta Italia. Mentre lui ha continuato a tener alto il vessillo della sua battaglia, portata anche in parlamento: dal 1992 al 2001 fu deputato dei Ds.
Francesco Gratteri è uno dei superpoliziotti condannati per la sanguinosa irruzione alla scuola Diaz. Quando il 5 luglio dello scorso anno la corte di Cassazione conferma la condanna per falso aggravato a quattro anni, Gratteri è capo del dipartimento centrale anticrimine. Tre anni e otto mesi anche per Gilberto Caldarozzi, capo dello Sco, il servizio centrale operativo.
Per la polizia italiana è un colpo durissimo, anche se non inatteso dopo la sentenza della corte d'appello di Genova. Gratteri e Caldarozzi sono considerati due superpoliziotti, una carriera immacolata e costellata di successi contro la criminalità organizzata fino al clamoroso inciampo della scuola Diaz.
Le condanne, però sono durissime e non più appellabili. La loro carriera è al capolinea e incombe anche il rischio della galera. Perché il prossimo 10 aprile, davanti al giudice di sorveglianza Giorgio Ricci, si deciderà se i 17 condannati finiranno in cella o se potranno scontare la detenzione, come la legge prevede, in forma alternativa. Al netto dell'indulto, che ha spazzato via tre anni di pena, per Gratteri ne rimane uno.
E qui s'inserisce l'iniziativa di Tano Grasso. Che rivela: «Già dal luglio 2012 - spiega l'imprenditore antiracket - avevo dato, per iscritto, la mia disponibilità perché Gratteri potesse espiare quell'anno di condanna presso le nostre strutture».
Poi la rivelazione: «Dall'inizio dell'anno lo stesso Gratteri lavora come volontario allo sportello romano della nostra associazione. Un impegno costante, tre giorni la settimana». Con lui anche Gilberto Caldarozzi.