"UNA macelleria messicana", l'aveva definita così, quella notte del G8 a Genova, la notte del blitz alla scuola Diaz, Michelangelo Fournier, allora capo del primo reparto celere di Roma. I giudici della Cassazione hanno confermato il giudizio. L'hanno scritto nelle motivazioni della sentenza che ha chiuso il capitolo sulla scuola dove vennero picchiati a trascinati via 93 ragazzi e ragazze e non solo. Colpevoli di sperare in "un altro mondo possibile", lo slogan di quei giorni di luglio a Genova. Hanno scritto, i giudici della Suprema Corte, che è stata una violenza « di gravità inusitata, vendicativa, punitiva». Con un'aggravante terribile: aver colpito persone inermi», quelli che alla scuola erano andati per dormire, un'aggravante, che fa nascere altri tre implacabili giudizi: è stata violenza «punitiva, vendicativa e diretta all'umiliazione». Violenza inutile, soprattutto. Ma c'era da trovare il riscatto all'immagine della polizia che i suoi vertici avevano giudicato un po' appannata nei primi giorni del G8 e così, dice la Cassazione, l'ordine di un'azione forte, arrivò dall'allora capo della Polizia, Gianni De Gennaro.
La notte della macelleria messicana, la notte del blitz alla Diaz, delle molotov portate dentro dagli agenti, come i coltelli, come le mazze, in quella notte, la democrazia ha vissuto una brutta pagina. Anzi, spiegano i giudici della Suprema Corte, «l'immagine del-l'Italia ha avuto discredito agli occhi del mondo intero», per colpa del comportamento «di persone in posizione di comando ai diversi livelli». I giudici non si fermano qui, parlano di «odiosità del comportamento » della catena di comando, perché «invece di isolare i violenti e denunciarli», avevano scelto di fare nuovi arresti creando «una serie di false circostanze ». Quindi, «è del tutto condivisibile » il giudizio espresso dalla Corte d'Appello di Genova, quando parla «di condotta cinica e sadica da parte degli operatori di polizia», di una violenza «per nulla provocata da chi occupava la scuola». Del resto, ragionano i magistrati, erano convinti che sarebbe rimasto tutto impunito, loro per primi. Parole durissime, motivazioni che, secondo Giuliano Giuliani, il padre di Carlo il ragazzo ucciso il giorno prima della Diaz, «vanno ben oltre la stessa condanna». E poi sottolinea come «forse per la prima volta in Italia è stato colpito un vero e proprio gotha della polizia». Intanto Marc Covell, il giornalista free lance inglese che, la notte della Diaz ha rischiato di morire per le botte e ha avuto lesioni permanenti, oggi al Viminale firmerà un accordo per il risarcimento dei danni subiti, frutto, commentano i suoi legali, di una trattativa, dopo la causa civile presso il Tribunale di Genova, di ora Covell è cittadino onorario. E poi i commenti di chi ha vissuto quei giorni, o dei parlamentari liguri come Roberta Pinotti, senatrice Pd, che condivide il giudizio della Cassazione sul discredito per l'Italia nel mondo, definisce quelle della Cassazione «parole pesanti come pietre, che mi sento di condividere ». Ermete Realacci, pd, crede che le parole della Cassazione altro non siano che la conferma «di una sospensione della democrazia », nella notte della Diaz, come in altri momenti del G8.
Vittorio Agnoletto, allora, nel luglio 2001, il portavoce del Genoa Social Forum sottolinea: «le parole della Cassazione sottolineano che furono violenze immotivate», e poi chiede le dimissioni dell'allora capo della Polizia, il prefetto Gianni De Gennaro.