Cosa succederà adesso nella catena di comando della polizia e negli apparati di sicurezza? «È come nelle cordate alpine: quando uno cade si tira giù tutti gli altri. A fiuto dico che si scatenerà un bel casino». Aldo Giannuli, docente di Storia contemporanea all'Università di Milano, è stato a lungo consulente di molte procure italiane e conosce bene il sistema dei servizi e dell'ordine pubblico.
Cosa ha pensato quando ha saputo delle condanne per la Diaz?
La sentenza chiude il capitolo delle responsabilità ma ne apre altri di natura politica: salta agli occhi che per 11 anni abbiamo messo tutti gli organi di polizia in mano a dei malfattori, secondo i giudici di Cassazione. E tutti i governi che si sono alternati - di destra, sinistra, tecnici -, tutti hanno lasciato al loro posto persone sotto procedimento penale e che dovevano essere sottoposti anche a procedimento amministrativo. Si sono nascosti dietro il dito della sentenza: ma i tribunali non ci dicono se un dirigente è idoneo o no a quel ruolo, solo se è colpevole. Questa sentenza rappresenta il massimo di delegittimazione sia per la polizia che per la politica.
Stiamo parlando di dirigenti considerati tra i più preparati. Ma non saranno mica gli unici?
Saranno anche i migliori geni sulla piazza, ma il garantismo penale è una cosa, altro è scegliere le persone più adatte a ricoprire certi ruoli, chi ha i titoli morali nel senso ampio dei principi della polis. Si dice che dalla moglie di Cesare non deve venire nessun sospetto. Qui dalla moglie di Cesare c'era molto più di un sospetto.
Eppure non sarà un caso se sono stati promossi agli apici delle forze dell'ordine. Perché, secondo lei?
Perché abbiamo una classe politica impresentabile, di qualunque colore siano: debole con i forti e prepotente con i deboli.
Non c'entrano niente gli stessi apparati di sicurezza?
L'apparato di sicurezza è una corporazione, va bene. Ma se al vertice hai messo proprio queste persone, tutti gli altri - i subalterni - hanno solo armi spuntate. Il problema è politico, l'autorità politica - che fa le nomine e ha il controllo - ha il dovere di vigilare chi dirige l'apparato di sicurezza. Se poi si vorrebbe che i pochi altri vertici non coinvolti nella vicenda del G8 di Genova avanzino critiche sull'apparato, beh, è come chiedere all'oste se il vino è buono.
Perché la scelta è caduta proprio su Gianni De Gennaro, come sottosegretario con delega ai servizi segreti?
Sia chiaro: De Gennaro è uno dei poliziotti più bravi che abbiamo. È un personaggio dotato di professionalità e di un certo carisma, che ha saputo contornarsi di dirigenti legati a lui, ha saputo fare squadra, cosa che nella tradizione della nostra polizia non è tanto facile. Perciò ha sempre avuto un potere contrattuale molto forte nei confronti della classe politica tutta. La quale ha evitato quindi qualsiasi frontale con lui. L'uomo ha così finito per occupare posizione via via più importanti dal punto di vista delle istituzioni. Naturalmente un governo tecnico chiama il tecnico della materia per eccellenza, che in più nella polizia ha lasciato tanti uomini "suoi". Non c'è dubbio che è personaggio forte: se d'altronde non lo fosse stato, nello scontro con Nicolò Pollari non avrebbe avuto la meglio, come è stato. Pollari ne uscì con tutti gli onori, ma uscì dai reparti operativi. De Gennaro è ancora lì. Certo che davanti a una classe politica fragile, sommersa di scandali com'è, gli apparati acquistano una forza che non dovrebbero avere.
Ma ora De Gennaro non ci fa una bella figura...
Figuriamoci cosa gli importa! Non dimentichiamoci una cosa: gli uomini di apparato non devono andare alle elezioni, devono essere forti, devono controllare bene le loro legioni. Difendendo gli inquisiti è stato di garanzia a tutti gli altri, ha garantito la compattezza del suo seguito. Ed è l'unica cosa che conta per un uomo di potere.
Genova fu solo una sbavatura?
Non credo che a Genova ci sia stato un complotto, ma molti intrighi, probabilmente molte interferenze, non solo italiane; molte mani che si sono sovrapposte. Mi ricordo che allora - mi capitava di frequentare molto il ministero dell'Interno - c'era un clima di assoluto terrore per il G8, dentro la polizia. La principale responsabilità di quel disastro ricade sul governo D'Alema, secondo me, per aver scelto Genova per il G8, una città assolutamente inadatta. Poi ci fu il cambio di colore di governo e anche questo metteva in ansia le forze dell'ordine. Anche De Gennaro era in tensione, perché era nel mirino del centrodestra in quanto ritenuto troppo collegato a Luciano Violante. Dall'altra parte c'erano i movimenti, caotici e difficili da controllare, come mai in precedenza. In questo clima la polizia tendenzialmente ha perso la testa, non credo che qualcuno abbia pianificato Diaz. In più, avere un'autorità politica di destra tra i piedi - come Fini che aveva espresso il giudizio più pesante su De Gennaro -, nella cabina di comando, esasperò la tensione, perché si sentirono sotto esame. L'orientamento alla repressione già c'era, la tensione era alle stelle, la polizia si sentiva il fiato sul collo e in più da certi episodi compiuti da alcuni agenti troppo eccitati si può perfino ipotizzare l'uso di qualche rimedio chimico. Cosa che può non avere aiutato.
E adesso?
Il problema non è facile: è saltato un tappo serio, sconvolge gli organigrammi della polizia. Non è detto che si ricomponga la solita cordata, per quanto De Gennaro è ancora molto influente. Dati i rapporti "fraterni" che intercorrono come è noto tra i corpi di polizia è probabile che assisteremo a un riequilibrio dei rapporti di forza tra gli stessi. Quali siano le cordate non lo so, ma a fiuto dico che si scatenerà un casino, di sicuro.