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La Cassazione conferma le condanne: fuori dalla polizia i vertici del blitz
Massimo Calandri
Fonte: Repubblica Genova, 6 luglio 2012
6 luglio 2012

ADESSO non ci sono più versioni di parte, adesso basta: è andata così, è andata che nell'istituto scolastico di via Cesare Battisti, l'ultima notte del G8 di Genova, è stata scritta una delle pagine più nere e vergognose della Polizia di Stato e della storia dello Stato italiano. Perché al massacro indiscriminato di 93 persone innocenti ed inermi, alla loro ingiusta carcerazione - cui seguirà un'altra mattanza della democrazia, quella di Bolzaneto - si era aggiunto un secondo delitto, ancora più grave: il falso, la sporca bugia, l'insabbiamento, la prepotenza di chi pensava di poter cambiare le carte in tavola facendosi forza del proprio prestigio istituzionale. Ancora non ci si crede, a quella conferenza stampa in questura del giorno dopo: all'arsenale sequestrato ai pericolosi Black Bloc, alla richiesta di convalida dell'arresto firmata dall'allora procuratore Francesco Lalla. Ma in quei giorni di luglio, nel tribunale del capoluogo ligure c'erano anche altri magistrati. Della vicenda finirono per occuparsi due pm - Enrico Zucca, Francesco Cardona Albini - che non hanno avuto paura. E hanno smontato una dopo l'altra le sistematiche menzogne degli uomini in divisa. Le ferite pregresse. La resistenza dei noglobal. Le molotov fasulle. Il presunto accoltellamento di un agente. Persino il presupposto dell'operazione di polizia, l'aggressione ad alcune pattuglie in perlustrazione. I pericolosi Black Bloc, i sovvertitori dell'ordine costituito, stavano dall'altra parte. Quelli davvero pericolosi erano in realtà coloro che avrebbero dovuto difenderci ed assicurare l'ordine pubblico. Ci sono voluti undici anni, ma ora possiamo dirlo. «Giustizia è fatta», gridano in coro i 93 della Diaz e i loro avvocati. Ed Antonio Bruno, capogruppo di Rifondazione in consiglio comunale, aggiunge giustamente che questa sentenza significa che «anche in Italia c'è speranza». Speranza di un mondo migliore, nonostante tutto. I legali di alcuni dei superpoliziotti, come Gilberto Caldarozzi, hanno fatto sapere che ricorreranno alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. A Strasburgo ci hanno già giudicato - e condannato - per la disastrosa gestione dell'ordine pubblico durante quelle sciagurate giornate del vertice internazionale. Hanno ribadito che l'Italia è un paese dove si "torturano" impunemente i prigionieri, ed hanno citato Bolzaneto. Hanno perfettamente chiaro come siano andate le cose a Genova undici anni fa, e non avranno difficoltà a ribadirlo.
Restano ancora mille ombre. I responsabili del tentato omicidio di Mark Covell, la tredicesima sui verbali d'arresto, quelle telefonate tra funzionari prima e dopo il processo. E poi vale la pena di ricordare che le condanne per lesioni sono andate prescritte. Ma questo tutto sommato importa poco. Perché restano le cicatrici di quelle lesioni, delle ferite ai 93 no-global, alla nostra città e alla democrazia. Quelle non se andranno. Mai.

Giuliano Giuliani, speranza e sfida "E ora la verità sulla fine di Carlo"

«SONO felice per la sentenza. Ma l'amarezza e la paura, dentro di me, non se vanno». Sara Bartesaghi, genovese, una delle vittime dell'assalto alla scuola Diaz, ha atteso ieri sera con la madre Enrica la sentenza. «Spero che questa sentenza costituisca una luce, un faro. Spero che freni le manganellate per un po'. Ma è difficile credere che le cose non continueranno ad andare così. Serve più rispetto per i diritti e le diversità. E quello ancora non c'è». Giuliano Giuliani, padre di Carlo, il ragazzo ucciso in piazza Alimonda il 20 luglio del 2001, parla di «notizia positiva, da accogliere con soddisfazione». «Vuol dire che in questo paese c'è ancora un barlume di giustizia», dice, e lancia un augurio: «Ora speriamo che ci siano altre pagine di questo genere. Cercheremo in tutti i modi di ottenere verità e giustizia anche sull'assassinio di Carlo». Per Haidi, la moglie che fu anche parlamentare con Rifondazione, parla di giustizia, ma «incompleta »: «In verità le responsabilità sono più ampie. Penso alla assoluzione dell'allora capo della polizia, e al mancato processo per la morte di mio figlio». Un altro genovese, l'avvocato Emanuele Tambuscio, sottolinea la eccezionalità di questa decisione: «Mai, nelle democrazie occidentali, si è arrivati ad una condanna per funzionari della Polizia di così alto livello». Ma ora, «giustizia è fatta: ci sono voluti 11 anni per arrivare a questo verdetto, e la Cassazione è stata coraggiosa». Laura Tartarini, legale anche lei genovese, non può che essere «soddisfattissima ». E aggiunge una riflessione sull'operato delle forze di polizia. «Quello della Diaz è stato uno dei casi peggiori di sempre, ma questa sentenza può essere un segnale perché si faccia chiarezza anche sugli abusi che quotidianamente vengono perpetrati ». C'è un altro importantissimo appuntamento legato al G8, ed è la sentenza di Cassazione - attesa per il 13 luglio - sui 25 presunti Black Bloc che devastarono e saccheggiarono la città di Genova. «La decisione della cassazione sull'assalto alla scuola dimostra che undici anni dopo si possono rileggere i fatti con il giusto equilibrio. Mi auguro accada lo stesso anche con questo secondo processo, perché è impensabile che un ragazzo possa essere condannato a dieci anni di reclusione per aver mandato in frantumi una vetrina».
«E' venuto il momento che lo Stato italiano chieda scusa alle vittime della Diaz, a Genova e a tutto il popolo italiano», ha detto Vittorio Agnoletto, allora portavoce del Genoa Social Forum. «Tutte le persone condannate devono andarsene immediatamente dalla polizia», ha aggiunto. «Credo che essendo stati condannati il numero due, il numero tre e il numero quattro, anche l'allora numero uno, Gianni de Gennaro, pur non essendo stato condannato, ha la responsabilità etica e morale di quanto è accaduto e deve dimettersi da sottosegretario con la delega ai servizi segreti».
(m. cal.)

Mortola, il superpoliziotto che sperava di tornare da questore

TRA i super-poliziotti condannati ieri ce n'è uno che è due volte legato al capoluogo ligure: Spartaco Mortola, in questi undici anni protagonista di una splendida carriera in barba alle ombre del G8 (da un anno e mezzo è diventato questore, dirige la Polfer a Torino), è originario di Camogli e genovese a tutti gli effetti, genoano Doc. Allora era ai vertici della Digos, chi lo conosce bene dice che continua a coltivare il sogno di tornare nel capoluogo ligure per sedere sulla poltrona di questore. Da stamani sarà un po' più difficile, anche perché la condanna - per lui come per gli altri vertici del Ministero dell'Interno - prevede la interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e, a rigor di logica, l'immediata sospensione. Da questo punto di vista ieri il ministro Anna Maria Cancellieri (già prefetto a Genova) è stata categorica: «La sentenza della Corte di Cassazione va rispettata come tutte le decisioni della magistratura. Il ministero dell'Interno ottempererà a quanto disposto dalla Suprema Corte. La sentenza mette la parola fine a una vicenda dolorosa che ha segnato tante vite umane in questi undici anni. Questo non significa che ora si debba dimenticare. Anzi, il caso della Diaz deve restare per sempre nella memoria».