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Diaz, inqualificabile violenza. Ma niente prove su De Gennaro
Checchino Antonini
28 maggio 2012

Non ci sarebbero prove, secondo la Cassazione, che l'ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro avesse a che fare con la mattanza cilena alla Diaz, nel G8 genovese del 2001. Le motivazioni appena depositate all'assoluzione dell'attuale sottosegretario spiegano che «non si è acquisita alcuna prova o indizio di un coinvolgimento decisionale di qualsiasi sorta nell'operazione Diaz» né a carico dell'attuale sottosegretario all'Intelligence né a carico dell'allora capo della Digos Spartaco Mortola, lo stesso che ora, da questore vicario a Torino è responsabile delle operazioni di guerra contro i No Tav in Val Susa.

De Gennaro era stato condannato in appello per concorso in falsa testimonianza il 17 giugno 2010, un anno e quattro mesi di reclusione dopo il proscioglimento di primo grado. I due avrebbero indotto, secondo l'accusa, il questore dell'epoca, Colucci, a mentire ai pm che si stavano occupando del processo per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz. I supremi giudici mostrano di non credere che fosse una prova la presenza ai cancelli della scuola del portavoce del capo della polizia. Roberto Sgalla era colui che quella notte sbarrava la strada ai legali e ai parlamentari affermando che si trattava di una «normale perquisizione» e che tutto il sangue che si vedeva altro non era che frutto delle «ferite pregresse» nel corteo di sei-sette ore prima.

Ovvio, secondo l'accusa, che sarebbe stato meglio se il questore Colucci non riconducesse quella presenza vistosa a una decisione del capo. Sgalla, il giorno appresso, gestì la conferenza stampa dove debuttarono in società le false prove e, anni dopo, promosso a capo della polizia stradale, assicurò ai giornalisti che l'agente che assassinò Gabriele Sandri avrebbe solo sparato in aria. Ma al Palazzaccio di Piazza Cavour sia le intercettazioni sia gli altri atti del processo non sosterrebbero che una «farraginosa tesi della decisività dei dati relativi all'invio del dottor Sgalla presso la Diaz» e chi formò la condanna di De Gennaro avrebbe posto «confusamente in relazione la vicenda (della falsa testimonianza, ndr) ad una questione di immagine compromessa della polizia, che, essendosi tradotta in un grave insuccesso (per le inqualificabili violenze compiute sugli occupanti della scuola Pertini), avrebbe indotto l'allora capo della polizia a prendere ogni distanza possibile dall'operazione e altresì a persuadere o esortare il Colucci a modificare le anteriori sue dichiarazioni sulla vicenda».

Forse, però, la sentenza appena depositata non è tutta da buttare visto che, nero su bianco, riconosce «l'inusitata violenza» della polizia nel blitz della sera tra il 21 e il 22 luglio 2001, eseguito «pur in assenza di reali gesti di resistenza nei confronti delle persone, molte straniere, presenti per trascorrervi la notte». Un'affermazione quantomai importante nell'attesa del pronunciamento di Cassazione proprio per il filone principale di quel processo a 25 tra funzionari e agenti di polizia, atteso per l'11 giugno.