Il giornalista Alessandro Mantovani ripercorre le tappe della notte in cui a Genova, il giorno dopo la morte di Carlo Giuliani, la polizia attaccò la scuola in cui dormivano i no-global. Un'opera documentale, basata sugli atti del processo che seguì agli abusi.
Genova, 21 luglio 2001. È l'ultima notte del G8; il giorno dopo la morte di Carlo Giuliani, ucciso da un colpo sparato da un poliziotto ventunenne. Polizia, carabinieri e ufficiali della digos circondano la scuola "Diaz", dove dormono i no-global. Dopo pochi minuti parte quella che il comandante Fournier, funzionario di polizia, definisce la "macelleria messicana": colpi con manganelli e ragazzi presi a calci come fossero dei palloni. Oltre 90 arresti per associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e 63 feriti tra i no global. La giustificazione: nell'edificio erano nascosti i black bloc.
Il libro "Diaz, processo alla polizia", scritto dal giornalista Alessandro Mantovani e presentato stamane nel cuore della Roma istituzionale, ripercorre le tappe di quella notte. La notte della «più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale» secondo Amnesty International, l'associazione internazionale dei diritti umani.
Il lavoro di Mantovani però si concentra anche sulla fase successiva: quel processo in cui gli imputati sono coloro che dovrebbero garantire la sicurezza dei cittadini. In appello le responsabilità ricadono solo su dieci agenti. Pochi, se si considera la quantità di colpi inferti ai manifestanti nel giro di una manciata di minuti. Deludente la risposta dei funzionari: "le forze dell'ordine si sono difese all'attacco dei no global che nascondevano due bombe molotov". Due bombe scomparse, letteralmente svanite nel nulla durante le udienze. Bombe nascoste in una busta azzurra che è la protagonista assoluta di alcune pagine del libro. Un'opera documentale, perché basata sugli atti del processo, a cui l'autore ha dato forma e senso narrativo.
Quello che emerge, a dieci anni dai fatti di Genova, - e lo dimostrano le bombe sparite - è la forza di quei genitori, fratelli e sorelle che non si sono accontentati della verità di comodo, di banali giustificazioni. E hanno chiesto ai pubblici ministeri di continuare a indagare.
Come sottolinea il giornalista Carlo Bonini, le colpe sono da ricercare in quella "macedonia di polizia" che aveva il comando delle operazioni e che forse non sapeva come coordinarsi. «Non credo al complotto - afferma Bonini -, il problema è culturale: la politica condivide che il dissenso è un impaccio, soprattutto se la protesta è organizzata».
Nella premessa di Genova c'è il suo epilogo. Lo conferma anche l'autore: «Il centrodestra si insedia il 12 giugno del 2001, 40 giorni prima del G8. Quando l'allora ministro dell'Interno Claudio Scajola arriva al Viminale, trova il terreno già arato dal centrosinistra». Sì, proprio così, perché l'addestramento delle forze dell'ordine per quell'evento parte l'anno prima.
Le responsabilità di quei fatti sono anche politiche: appartengono a chi voleva dimostrare di saper tenere le redini dell'ordine pubblico. Ma quella notte qualcosa è andato storto.
di Santo Iannò