Sono lieto che Giancarlo Pellegrino confermi ciò che tutti noi colleghi ricordavamo, cioè che fu fatta alla magistratura la proposta indecente di non indagare a fondo sugli abusi delle forze di polizia durante il G8 (si fa riferimento alla lettera dell'ex procuratore aggiunto al Secolo XIX del 20 maggio, ndr). Poiché il fatto inquietante è la semplice formulazione di questa ipotesi da parte di rappresentanti dell'istituzione - non importano le forme o il grado di concretezza: importa che non fu così inverosimile da non essere riferita - appare difficile comprendere come Pellegrino abbia ritenuto di rimarcare non l'indecenza della proposta (e semmai con quale forza e indignazione la rispedì al mittente che, solo per averla fatta, offendeva gravemente l'interlocutore), ma che non si sia chiarito che lui stesso l'aveva rifiutata.
Mi perdoni il collega, ma nel libro da cui sono tratte le mie affermazioni virgolettate, questa precisazione sarebbe stata pleonastica e credo la fosse anche nell'articolo sul Secolo XIX (del 16 maggio) nel quale, se l'intenzione fosse stata quella di denunciare che l'accordo si era perfezionato, ciò sarebbe stato detto a chiare lettere e si sarebbe data enfasi all'accettazione da parte di un vertice nella Procura. Questo non è avvenuto proprio perché era evidente che accordo non vi era stato. Mentre sulle intenzioni altrui posso solo speculare, come Pellegrino peraltro, trovo invece sorprendente la sua rappresentazione delle indagini nei confronti dei poliziotti come sostenute e condivise da un ufficio UNITO. Tale rappresentazione è surreale, com'è facile riscontrare scorrendo qualunque rassegna stampa di questi lunghi anni e gli stessi atti processuali, comprese le intercettazioni telefoniche.
E' soprattutto ingenerosa con i magistrati che si sono trovati a lavorare in solitudine e in seria difficoltà, non solo personale, nel riuscire a penetrare il muro di omertà che bloccava l'accertamento della verità dei fatti. Sono convinto che le indagini avrebbero avuto altri sbocchi, consentendo l'emersione della verità dall'interno della polizia, se la Procura di Genova fosse stata davvero così compatta, vertici compresi. Si tratta invece, nella migliore delle ipotesi, di un wishful thinking, cioè di una pia illusione, di Pellegrino. I processi principali non sono conclusi, ma qui l'aspetto giudiziario non è in discussione e il suo esito, che è legato alla verifica delle eventuali responsabilità individuali secondo le regole del giudizio, del tutto irrilevante.
E' semplicemente doveroso fare indagini indipendenti, serie e complete sugli abusi delle forze di polizia perché lo impone, senza alternativa, la Corte europea dei diritti dell'uomo, anche ai Paesi a discrezionalità nell'azione penale: Per questo la proposta che allora ci fu resa nota da Pellegrino era ancora più scandalosa.
E' bene averne la consapevolezza, per meditare su grossi temi come il principio di legalità dell'azione penale e l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e quindi valutare se la magistratura, anche inquirente, ha assunto - e con quanta forza, trasparenza e rigore - il suo ruolo costituzionale di garanzia.
Enrico Zucca
sostituto procuratore generale