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La condanna di De Gennaro e le vittime dimenticate
Enrica Bartesaghi (Comitato Verità e giustizia per Genova)
Fonte: Repubblica Genova, 30 giugno 2010
30 giugno 2010

Cara Repubblica, sono davvero costernata dalle reazioni politiche ed istituzionali in merito alla condanna di De Gennaro, per i fatti della Diaz. Per non parlare della farsa delle sue dimissioni subito rifiutate dal Governo, nell´arco di un istante. Davvero ponderate, le dimissioni ed il rifiuto, dimostrano l´alto senso dello stato da parte di entrambi. Sono passati pochi giorni ma per i media è già un argomento scaduto, tanto poco se ne è parlato che in molti non se ne sono neppure accorti, grazie alla libertà di stampa ed all´indipendenza dei media nel nostro paese. Sia in questa occasione che nelle precedenti, in seguito alle sentenze di appello per i fatti della Scuola Diaz e per quelli della Caserma di Genova Bolzaneto, mi è sembrato di assistere al seguito di una partita di calcio, al Bar Sport. Chi ha vinto, chi ha perso, l´arbitro è stato parziale o imparziale. E tutto uno schierarsi a favore o contro le sentenze, di primo e secondo grado, un tirare per la giacca i giudici, la magistratura: il primo tempo ci era piaciuto il secondo no, ma vedremo ai rigori (la Corte di Cassazione).
E nessuno, nessuno dei rappresentanti delle Istituzioni, dei partiti della maggioranza e di quelli dell´opposizione, che si sia chiesto, si sia preoccupato di sapere, come stanno, cosa ne pensano, le vittime di tutto questo. Dietro questi processi ci sono centinaia di persone che, solo per aver deciso di manifestare a Genova nel luglio del 2001 (attività tuttora prevista e tutelata dalla nostra Costituzione), si sono trovate massacrate, umiliate, torturate, nella Scuola Diaz, nella Caserma di Bolzaneto. Tutti questi cittadini italiani e molti stranieri, hanno aspettato nove anni per vedere confermate le loro testimonianze, le loro sofferenze. Mai nessuno da parte delle Istituzioni ha riconosciuto loro il ruolo di "vittime" di una profonda ingiustizia, della più grande sospensione dei diritti mai registrata in un paese occidentale dal dopoguerra. Come per i casi di stupro le vittime sono sospettate, le loro vite, le loro storie infangate dal dubbio della colpevolezza, nonostante tutte le sentenze. Ma per loro nessuno fa il tifo, né la maggioranza, né l´opposizione, non i Ministri interessati, degli Interni, della Giustizia, della Difesa, quelli che dovrebbero tutelare i diritti di tutti i cittadini, neppure la stragrande maggioranza dei media. E quindi la partita è persa. Ma non è persa solo per loro, è persa per tutti. E non fa differenza se a dare o dirigere le manganellate, a costruire i falsi, ad indurre a falsa testimonianza, sono stati poliziotti con un passato glorioso nell´antimafia, anzi. I segni sulla pelle rimangono e non si cancellano.