GENOVA 2001, un´altra storia è possibile. Se n´era avuta la sensazione con la sentenza d´appello sulle torture alla caserma di Bolzaneto, la conferma ieri notte, quando i giudici della terza sezione hanno ribaltato il verdetto di primo grado per l´assalto alla scuola Diaz. Un´altra storia, profondamente diversa da quella scritta fino a martedì che, mischiando sentenze e vulgata confezionata a tavolino, ripetuta come un mantra, finiva per trasformava il verosimile in verità, la mistificazione in ragion di Stato.
Un´altra storia, ancor più che possibile, era indispensabile, per rispetto di una città che si era vista trasformata in un visionario carcere a cielo aperto da un ministro, ligure, chiamato, negli anni, a rendere conto di parole, pensieri e acquisti in libertà, ma mai della disastrosa gestione dell´ordine pubblico di quel maledetto luglio.
La storia tramandata fino a oggi, quella ufficiale, raccontava di una città caduta nelle mani di torme di violenti che le forze dell´ordine avevano cercato invano di arginare, magari in maniera un po´ confusa. Non solo, con una lettura sicuramente rassicurante per il comune senso del pudore democratico, assicurava che la notte della "macelleria messicana", i vertici della polizia non si erano sporcati le mani. Al limite era sfuggito dal loro controllo il comportamento un po´ troppo irruente dei ragazzi del Reparto Celere di Roma e di chi li comandava o la birichinata di un agente e di un vicequestore che avevano confezionato la bufala delle molotov.
Già nel marzo scorso, una fetta di storia era stata riscritta, con la certificazione che le violenze di Bolzaneto non erano figlie della perversione di pochi, ma di un piano preordinato a tavolino, ora l´opera omnia della verità comincia a prendere corpo.
Chi c´era, per manifestare o per documentare, conosce perfettamente i fatti. Li ha impressi nella mente o, capita anche questo, nelle ossa ancora segnate dalle botte. Ma continua, forse solo per ingenuità, a non capire. A non capire, solo per dirne una, perché i vertici di polizia e carabinieri abbiano ignorato quel voluminoso fascicolo della questura genovese in cui, tra ipotesi di attentati fantasiosi e grotteschi (i palloncini caricati con sangue infetto da far piombare, chissà come, sui potenti), erano dettagliatamente descritte finalità e strategie dei black bloc. Chiunque, dopo averlo letto, li avrebbe identificati e marcati a vista. E non ignorati, invece, mentre iniziavano a volare legnate e gas su tute bianche e pacifisti seduti per terra.
L´altra storia possibile riparte forse da qui. E finisce con un colpo di pistola che ammazza un ragazzo in piazza Alimonda. Nel mezzo di uno scontro infinito nato dopo una carica contro un corteo autorizzato. L´altra storia possibile si chiude con Carlo Giuliani, passando, in ordine sparso e non cronologico, con la mattanza della Diaz e le barbarie di piazza del sabato. Finisce qui perché il processo che avrebbe permesso di scrivere il capitolo probabilmente decisivo non si farà mai. Manca l´epilogo, ma la trama, dopo martedì, è finalmente più chiara.