«C'è una mail agli atti della mia posizione processuale. Una mail in cui scrivo al mio amico dal media center della Diaz e gli dico di raggiungerci da Barcellona a Genova per poi proseguire insieme ad Amsterdam. E, pochi minuti prima dell'irruzione della polizia, gli descrivo la scuola come un posto fighissimo, in cui c'era gente di tutto il mondo. Per fortuna lui è arrivato tardi».
Christian Mirra sorride amaro ricordando quelle ore in cui la sua vita è cambiata. E' a Radio Rock, con Emilio Pappagallo, e sta presentando il suo graphic novel Quella notte alla Diaz (ed. Guanda Graphic, 16 euro) in un'ora in cui verrà investito da sms, domande, testimonianze (toccante e puntuale quella, via skype, di un ex carabiniere ausiliare che racconta l'addestramento pre Genova). Da Benevento all'Olanda, passando per le manifestazioni anti G8. Molti della nostra generazione avevano fatto quella scelta, dovere e piacere, protesta e vacanza, in un'estate troppo calda, in tutti i sensi. Lui partì il giorno dopo la morte di Carlo Giuliani, con l'amico Emiliano (splendidi i disegni in cui quest'ultimo scoppia a piangere, solo perché è riuscito a sfuggire alla mattanza, salvando altri ragazzi ma non il suo compagno di viaggio), convinto di poter evitare gli scontri rimanendo ai margini della manifestazione. A fatica, li evitò. Ma non sfuggì al massacro della Diaz. «Cercavano dei black block, ovviamente nessuno di noi lo era. Se ce ne fosse stato anche uno solo, l'avrebbero trovato: hanno fatto il possibile per scovarlo, e anche l'impossibile, falsificando prove». Non c'è rancore né retorica nelle sue pagine, la potenza del suo tratto è quella di una Marjane Satrapi, di un Art Spiegelman. Come in Persepolis e in Maus , l'autobiografia, il ricordo emotivo e personale diventa politico. Christian non cerca né vuole vendetta, ma giustizia. «Non ce l'ho con le forze dell'ordine, ma col fatto che chi si è reso responsabile di tutto questo non abbia pagato (neanche un giorno di carcere, per nessuno) e anzi, sia stato persino promosso (e in una sorte di muro-lapide, nel libro, li elenca tutti). E' assurdo che le mele marce siano state protette dal sistema e tutti i colleghi. E che non esista il reato di tortura in Italia».
Il racconto si svolge in quei tre giorni che vanno dalla "Notte cilena" (è il titolo del secondo capitolo del graphic novel) al momento del ritorno a casa: troviamo anche delle fotografie del suo viso e della sua schiena martoriati, viviamo le sue paranoie, vediamo le testimonianze che ha raccolto e vissuto. Le torture fisiche e psicologiche, i poliziotti che lo insultano, il suo mondo sfocato perché gli occhiali si sono frantumati contro il suo stesso viso (una cicatrice, ancora oggi, ci ricorda che poteva perdere un occhio). Un lavoro politico quello di Mirra, ma anche di grande spessore artistico. Non si fa tarpare le ali da ideologie e regole, vola alto con una visione "laica", sotto il profilo etico ed estetico (mischia fumetto di denuncia e di genere, noir, realismo e qualche momento onirico e "fumettoso"). «Sto leggendo ora Genova sembrava d'oro e d'argento di Giacomo Gensini, è un libro importante sulla Diaz di un celerino». Uno di quelli addestrati «come fossero pitbull da combattimento». «Mi piacerebbe un incontro con Gensini, una presentazione in cui confrontarmi anche con chi ha, o aveva in quei giorni, la divisa. Voglio capire». Quella notte alla Diaz non è solo un libro «per non dimenticare» quella sospensione della democrazia senza precedenti in Occidente negli ultimi decenni. O per contrastare l'informazione a senso unico su Genova, quelle immagini di distruzione proposte senza sosta perché, come diceva Goebbels, ripetere una bugia cento, mille, un milione di volte la fa diventare una verità». Ma per capire, perché se giustizia, nei tribunali, non è stata fatta, si può e si deve lavorare sulla memoria storica, politica e morale del paese, su chi manda alla radio sms come «ve la siete cercata», «non mi stupisco di quello che gli è successo: questo è pure un terrone». Mirra non si scoraggia, ama una massima di Dumas figlio, «Tutte le generalizzazioni sono sbagliate, compreso questa». E così questo graphic novel non è solo storia e testimonianza, ma un mattone per un futuro diverso e possibile. Christian saluta esprimendo la sua solidarietà a Checchino Antonini, giornalista di Liberazione . Chiedendo di firmare l'appello in sua difesa. «Con lui vogliono censurare la libertà d'informazione». E cancellare, appunto, la memoria.
info: www.christianmirra.com, christianmirra.blogspot.com