«Se invece debbo dire se ci sono state discriminazioni nei miei confronti, queste sì. Anche perché sembra che l'unica testa caduta fino adesso, di tutto questo processo e di quello che si è verificato a Genova, sia stata la mia...».
Risponde così al Pm il dott. Pasquale Guaglione, vicequestore aggiunto a Genova nel 2001. Fu lui a trovare le famose due molotov in corso Italia il pomeriggio del 21 luglio e fu lui a testimoniare che quelle rinvenute, secondo i suoi colleghi, all'interno della Diaz, altro non erano se non le stesse bottiglie incendiarie da lui raccolte in tutt'altra zona della città.
Il dott. Guaglione, nonostante le vessazioni subite e la carriera stroncata, conferma la sua testimonianza e così motiva la sua fedeltà alla verità: «...Il giuramento che noi facciamo nel momento in cui entriamo in amministrazione è quello sì di difendere lo Stato e il suo capo, cioè in definitiva 'proteggi il re ma difendi il popolo', però se il re si dimostra non all'altezza della situazione è il sentimento della giustizia che deve prevalere su tutto... ».
La distruzione dei computer
La fiducia del tribunale nella correttezza e nella buona fede degli agenti impegnati nel blitz è a prova di qualunque ragionamento. La Corte nella sentenza infatti, in relazione all'episodio della devastazione, nella scuola Pascoli, da parte delle forze di polizia dei computer in dotazione ai legali del Genoa Social Forum (Gsf), si chiede quale potesse essere l'interesse degli agenti a distruggere i computer «nelle cui memorie è presumibile fossero immagazzinati dati delicati che le forze dell'ordine, impegnate nella ricerca di pericolosi sovversivi, non avrebbero invece avuto interesse a sopprimere».
L'apparente ingenuità di simili affermazioni lascia spazio alla sensazione di trovarsi di fronte ad una vera e propria provocazione da parte della magistratura giudicante. Chiunque si sia occupato anche solo marginalmente di quanto avvenuto alla scuola Diaz sa perfettamente che nei pc erano raccolte decine e decine, forse centinaia, di testimonianze sulle violenze consumate dalle forze dell'ordine ai danni di pacifici manifestanti; materiali questi che la polizia aveva tutto l'interesse a distruggere. Non bisogna essere dei geni per comprenderlo; negare questa ovvietà e sperare di essere creduti, significa invece considerare dei deficienti tutti coloro che leggeranno la sentenza. Ma pur di giustificare l'ingiustificabile la Corte arriva a negare qualunque evidenza; non vi sarà infatti nessuna sentenza di appello, tutto andrà in prescrizione e nessun altro giudice (ammesso che ve ne sia qualcuno che abbia il coraggio di scontrarsi con le alte sfere della polizia) potrà ribaltare simili affermazioni.
Aggiungo una testimonianza personale: la sera del 21 luglio, qualche ora prima della mattanza alla Diaz, in uno studio televisivo di un'emittente locale, ma in collegamento nazionale, avevo mostrato uno spezzone di un filmato realizzato da Davide Ferrario nel quale si vedevano in modo incontrovertibile alcune persone vestite da black block sfasciare vetrine ed auto e poi rifugiarsi dietro le linee delle forze dell'ordine intrattenendo rapporti amicali con alcun poliziotti. Durante l'inchiesta furono rese pubbliche molte telefonate tra componenti delle forze di polizia registrate dal 113, in una di queste si può sentire in modo molto chiaro un poliziotto che descrive ad un suo superiore il filmato appena presentato in televisione e lo sollecita a smentirne immediatamente e pubblicamente il contenuto. Non prima di aver messo in guardia il suo capo che nel filmato sotto il vestiario di un supposto black block spuntavano le mostrine della polizia.
Non ho dubbi che alla scuola Pascoli i devastatori in divisa cercassero anche quel filmato, l'unico allora, la sera del 21 luglio 2001, che era stato reso pubblico; ma purtroppo per loro alla prima interruzione pubblicitaria della trasmissione televisiva, avevo abbandonato lo studio e la cassetta di Ferrario era stata immediatamente messa al sicuro.
Nessun risarcimento al Gsf
La Corte giudicante non ha riconosciuto alcun risarcimento al Gsf che era stato, all'inizio del dibattimento, riconosciuto come parte civile; la motivazione, a quanto si legge nella sentenza, è che: « Nessuno dei reati accertati appare commesso in suo danno o dei suoi affiliati o simpatizzanti in quanto tali».
L'ipocrisia non ha limiti: la scuola Diaz non era stata forse data in gestione al Gsf e quindi tutti quelli che vi dormivano non erano forse ospiti del Gsf stesso? La Pascoli non era forse la sede ufficiale del Gsf? Ed il servizio legale non aveva lì suo quartiere generale proprio perché agiva in stretto collegamento con il Gsf? E tutti, o comunque molti di costoro, non erano e non si consideravano forse allora simpatizzanti, se non aderenti al Gsf? Non è forse vero che la polizia motivò l'assalto alla Diaz e alla Pascoli secondo il teorema che quelle scuole erano sede dei black block e che questi erano coperti dal Gsf, con l'obiettivo di convincere la pubblica opinione dell'equivalenza tra black block e Gsf? Non è forse vero che in seguito a quanto avvenne quella notte, gran parte dell'attività del Gsf nei mesi seguenti fu finalizzata a contrastare la campagna denigratori nei suoi confronti, a seguire e a sostenere le vicende processuali, distogliendo necessariamente forze e risorse dal proseguimento del proprio impegno nella lotta contro la globalizzazione liberista, che era la ragione stessa della propria esistenza?
Un libro istruttivo
Questi sono solo tre spunti di riflessione fra i tanti che emergono dalla lettura del libro «Scuola Diaz. Vergonga di Stato», a cura di Checchino Antonini, Francesco Barilli e Dario Rossi. Gli autori ripropongono una parte significativa della requisitoria dei Pm e delle motivazioni della sentenza sulle violenze poliziesche alla scuola Diaz. In genere le motivazioni delle sentenze sono lette solo dagli avvocati ed ignorate dal grande pubblico che, se interessato, si limita a leggere brevi sintesi sui quotidiani. Sintesi che in questo caso sono quasi del tutto mancate.
Ecco perché la lettura di questo libro è un'esperienza interessante e fortemente istruttiva. Da affrontare con un po' di Valium a disposizione per non rovinarsi lo stomaco e la giornata.