Il pm genovese dubbi non ha: istigò alla falsa testimonianza il questore di allora, dei giorni del G8. Gli disse di ritoccare la versione sulla notte cilena alla scuola Diaz. Quegli arresti illegittimi, quelle persone violentate, ferite gravemente, insultate, fatte sparire, avevano scosso il Paese. Lui non ci doveva entrare. Lui. Gianni De Gennaro, capo della polizia per ogni stagione, gradito all'Fbi,personaggio in ascesa. Mirava, e l'otterrà, il posto di Negroponte italiano, capo di tutte le barbe finte: direttore del Dis, il dipartimento informazioni per la sicurezza che sovrintende i due servizi riformati. Glielo cucirà su misura il governo che prenderà il posto del gabinetto Berlusconi per conto del quale gestì quello che Amnesty International definì la più immane violazione dei diritti umani in Occidente all'indomani della II guerra mondiale.
Da un po' è sul banco degli imputati in uno dei processi scaturiti da quel mix di violenze e abusi. Assieme a lui Spartaco Mortola, ex capo della digos genovese nella stagione a cavallo del G8 del 2001, ora a Torino dove si sta coprendo di gloria da questore vicario. Per lui, la pubblica accusa ha chiesto un anno e quattro mesi di reclusione. Il processo, con rito abbreviato, si sta svolgendo a porte chiuse e, dopo la requisitoria di ieri, toccherà alle parti civili - tre vittime picchiate alla Diaz e l'associazione Giuristi Democratici - e, il 15 luglio alle difese dei due superpoliziotti che respingono ogni addebito ma hanno preferito evitare un processo pubblico. Colucci, disinvoltissimo questore di quei tempi (sua la fantasiosa versione sulla calata dei black bloc resa alla pur blanda commissione conoscitiva parlamentare istituita all'indomani dello choccante luglio) ha invece scelto il rito ordinario. Fu quest'ultimo, durante un interrogatorio, ad ammettere il convolgimento del capo del Viminale che sarebbe stato a conoscenza del sanguinoso blitz alla Diaz. Nel dibattimento l'ex questore (che i no global si troveranno di fronte due anni dopo al controvertice di Riva del Garda) ritrattò. Spunterà un'intercettazione a inchiodare, secondo l'accusa, i tre alti esponenti della Ps.
Centrale, nella vicenda, la figura dell'allora portavoce del futuro Negroponte italiano (il "leggendario" capo di tutti i servizi segreti Usa). Costui era al cancello della scuola Diaz mentre si svolgeva la terrificante incursione di più di cento agenti con addosso uniformi di ogni foggia. Tutti mascherati. Tant'è che saranno imputati solo i "generali" e i capisquadra. I primi finiranno assolti, gli altri non faranno nemmeno un giorno delle miti condanne grazie a indulto e prescrizione.
Dunque, il portavoce del Capo, quella notte, sbarrava il passo ai legali del social forum e ai parlamentari mentre un cordone di polizia e pure carabinieri assediava il quartiere. Diceva che era una «normale perquisizione». Il giorno successivo fu lui a convocare una conferenza stampa per esibire le prove false (le famose molotov e la casacca del poliziotto che diceva di essere stato accoltellato) e i souvenir trafugati dagli zainetti dei manifestanti che credevano di aver trovato rifugio nella scuola affidata al Genoa social forum per ospitare le Ong e che dopo il nubifragio del giovedì notte aveva dato asilo agli sfollati dei camping. Il nome del portavoce di De Gennaro non affiorerà quasi mai nelle cronache della Diaz che si interrogheranno a lungo sulla catena di comando di quell'operazione. Ma la presenza del portavoce del Viminale fece pensare i più maliziosi a un coinvolgimento diretto del capo della polizia. Colucci disse che De Gennaro era al corrente, che gli aveva detto di spedire alla Diaz il suo portavoce. In aula fece marcia indietro, disse - in una selva di non ricordo - che s'era confuso, che fu una sua iniziativa - lo giurerà di fronte a Dio e allo Stato italiano - quella di avvertire l'uomo che sbarrò la strada ai curiosi mentre dentro i servitori dello Stato massacravano un vecchio di quasi settant'anni e parecchi ragazzini, ne arrestarono 93 in tutto con un'accusa da far tremare i polsi - associazione a delinquere per devastazione e saccheggio. Chi si reggeva ancora in piedi fu inghiottito dall'inferno di Bolzaneto. I "fortunati" con le ossa rotte e i denti spezzati finirono in ospedale.
Interrogato due anni fa, De Gennaro ha sdegnosamente respinto gli addebiti: «Ricordo bene che invece raccomandai il giorno dopo misura, prudenza e sobrietà nel dare notizia dell'evento». Ma Colucci Francesco s'era vantato a lungo, al cellulare con Mortola (imputato per i fatti della Diaz), dei complimenti ricevuti dal Capo dopo la versione rettificata. Mortola, stando alle intercettazioni, gli avrebbe suggerito che il capo avrebbe gradito che raccontasse una storia diversa. Così fu, sebbene si impappinò un bel po'. Poi quelle telefonate finirono nelle carte relative alle molotov "finte" e sparite dal deposito dei reperti sequestrati. Un ennesimo "errore" avvenuto in un annata "costituente" per la riformulazione dei modelli di repressione dei conflitti. Solo un politico, ieri, ha dettato alle agenzie alcune parole di solidarietà con De Gennaro: «Non commento gli atti della magistratura, ma non si può umiliare lo Stato criminalizzandò chi lo difende». Così parlò il ministro per l'Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi.