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G8, le motivazioni della sentenza. "Provati 13 tipi di abusi". "Il pm è stato costretto a circoscrivere le condotte inumane e degradanti"
Marco Preve
Fonte: Repubblica Genova, 28 novembre 2008
28 novembre 2008

GENOVA - A Genova, nel luglio 2001, all´interno del carcere speciale di Bolzaneto, voluto in occasione del G8, fu commessa tortura. Può apparire sorprendente che a confermare quello che anche Amnesty International ha sempre sostenuto, siano le motivazioni di una sentenza, quella del processo di Bolzaneto appunto, che ha lasciato amareggiati chi si aspettava maggior coraggio da parte del tribunale chiamato a giudicare 45 imputati (15 condanne e 30 assoluzioni).
Eppure, nelle 441 pagine delle motivazioni del verdetto, depositate ieri pomeriggio, c´è scritto proprio questo, oltre al fatto che la polizia non ha collaborato nella ricerca della verità, che tutte le vittime hanno fornito resoconti non solo attendibili ma anche «prudenti», che tutti gli abusi «inumani e degradanti furono effettivamente commessi». Però, spiega il presidente Renato De Lucchi, per attribuire ai vertici la responsabilità di quanto avvenuto sarebbe stato necessario raggiungere la prova che gli stessi vertici fossero stati presenti ai fatti e avessero avuto perfetta percezione di quanto stava avvenendo. In ogni caso, Bolzaneto non è stata un´invenzione. Scrivono i giudici a pagina 311 «... la mancanza, nel nostro sistema penale, di uno specifico reato di tortura ha costretto l´ufficio del pm a circoscrivere le condotte inumane e degradanti (che avrebbero potuto senza dubbio ricomprendersi nella nozione di tortura adottata nelle convenzioni internazionali)». Ben 13 tipologie di vessazioni, violenze, abusi «sono risultate pienamente provate», dei testimoni i giudici lodano «genuinità e prudenza». Definiscono l´indagine dei pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati «lunga, laboriosa e attenta», ma «per difficoltà oggettive (non ultima delle quali... la scarsa collaborazione delle Forze di Polizia, originata, forse, da un malinteso "spirito di corpo")», «la maggior parte di coloro che si sono resi direttamente responsabili delle vessazioni risultate provate in dibattimento è rimasta ignota». Come due agenti particolarmente violenti soprannominati "il tigre" e il "tedesco", che l´omertà di corpo ha trasformato in fantasmi nonostante le precise indicazioni delle vittime.
Un quadro durissimo, ma dal quale mancano, secondo il tribunale di Genova, alcuni passaggi fondamentali relativi all´intenzionalità del dolo. E poi, spiegano i giudici, «anche in questo processo, quantunque celebrato in un´atmosfera caratterizzata da forti contrapposizioni politico-ideologiche sia sui mezzi di informazione che nell´opinione pubblica, sono stati portati a giudizio non situazioni ambientali o orientamenti ideologici, bensì, ovviamente, singoli imputati per specifiche e ben individuate condotte criminose loro attribuite nei rispettivi capi di imputazione, che costituiscono la via maestra da cui il giudicante non deve mai deviare, pena la violazione dell´altro cardine del nostro sistema di garanzie processuali rappresentato dall´articolo 24 della Costituzione». Il giusto processo, dove non si è potuto processare la tortura.