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Bolzaneto:«Condotte inumane provate, processo tecnico e non politico»
Marcello Zinola
Fonte: Il Secolo XIX, 27 novembre 2008
27 novembre 2008

Depositate le motivazioni della sentenza che ha condannato 15 persone e ne ha assolte 30 per le torture dei fermati in caserma

I comportamenti riconosciuti come abuso, umiliatori e vessatori della personalità c'erano stati, ma il codice italiano non prevede la tortura come reato e non è stato possibile giudicare diversamente da come consentiva e consente il codice penale italiano. E' questo il concetto cardine, oltre a quelli sulle singole responsabilità e ruolo delle figure apicali o di subordinazione dei vari agenti, carabinieri, poliziotti penitenziari, medici, condannati o assolti per il caso Bolzaneto. Significativo il passaggio della sentenza sul tema: «(...) Le condotte inumane e degradanti ( che avrebbero potuto senza dubbio ricomprendersi nella nozione di "tortura" adottata nelle convenzioni internazionali ) compiute in danno delle parti offese transitate nella caserma della P.S. di Ge-Bolzaneto durante i giorni del G8, condotte che questo Collegio ritiene pienamente provate, come meglio si dirà in seguito (...)». I giudici poi sottolineano un aspetto importante che, giuridicamente con la citazione della Costituzione e dei dettati del codice, rappresenta una risposta tecnica alle accuse di avere espresso una sentenza politica.

Scrivono infatti i giudici: «come in qualsiasi altro procedimento penale, anche in questo processo, quantunque celebrato in un'atmosfera caratterizzata da forti contrapposizioni politico-ideologiche sia sui mezzi di informazione che nell'opinione pubblica, sono stati portati a giudizio non situazioni ambientali o orientamenti ideologici, bensì, ovviamente, singoli imputati per specifiche e ben individuate condotte criminose loro attribuite nei rispettivi capi di imputazione, che costituiscono la via maestra da cui il giudicante non deve mai deviare»,

Amaramente critica l'osservazione dei giudici sulle difficoltà incontrate in sede di indagine e di processo per la scarsa collaborazione delle forze di polizia per «un malinteso spirito di corpo». Come nel caso di un agente altoatesino, non identificato, detto El Tigr "specializzato" nell'insultare particolarmente gli arrestati di nazionalità tedesca. Come molto dura è la valutazione degli insulti fasciti (parole odiose e inaccettabili).

Infine sulle assoluzioni un passaggio interessante, per i capi, che sarà interessante mettere a confronto con le motivazioni, quando saranno note, del processo Diaz: i vertici non avevano percezione di cosa accadeva o non c'era prove che fossero presenti.

LA TORTURA E L'UMILIAZIONE DELLA PERSONALITA'
I giudici: «Condotte inumane e degradanti: episodi provati»

Cosa scrivono i giudici genovesi sul tema ? «Quanto al secondo corno del problema, premesso che la mancanza, nel nostro sistema penale, di uno specifico reato di "tortura" ha costretto l'ufficio del PM a circoscrivere le condotte inumane e degradanti ( che avrebbero potuto senza dubbio ricomprendersi nella nozione di "tortura" adottata nelle convenzioni internazionali ) compiute in danno delle parti offese transitate nella caserma della P.S. di Ge-Bolzaneto durante i giorni del G8, condotte che questo Collegio ritiene pienamente provate, come meglio si dirà in seguito, in virtù delle risultanze dibattimentali, nell'ambito, certamente non del tutto adeguato, della fattispecie dell'abuso di ufficio, contestata in rapporto all'art. 40 c.p., vanno posti alcuni punti fermi in ordine ai presupposti e alle regole ermeneutiche che presiedono alla configurazione del delitto di cui all'art. 323 c.p. e all'obbligo giuridico di impedire l'evento, previsto nell'art. 40 c.p. per le figure apicali (...) ma anche in correlazione con i delitti di ingiurie, percosse, lesioni, violenza privata in danno di diverse parti offese addebitati alle figure c.d. "intermedie" ( per es., i comandanti delle squadre di agenti di P.S. che avevano effettuato la vigilanza alle celle in cui si trovavano custoditi gli arrestati e i fermati per identificazione)».
I giudici spiegano poi in termini giurisprudenziali il ragionamento processuale, sulla base delle conferme emerse dall'incrocio delle singole deposizioni, parti lese e di (pochi) alcuni operatori dell'amministrazione penitenziaria.

IL TRIBUNALE: A GIUDIZIO NON UNO SCONTRO DI IDEOLOGIE, MA FATTI E IMPUTATI
l tribunale spiega poi «i metodi interpretativi testè esposti sono quelli ai quali il Collegio si è informato nella valutazione delle condotte criminose ascritte agli imputati sia "apicali" che "intermedi", avuto costante riferimento al principio sancito dall'art. 27 della Carta Costituzionale, posto che, come in qualsiasi altro procedimento penale, anche in questo processo, quantunque celebrato in un'atmosfera caratterizzata da forti contrapposizioni politico-ideologiche sia sui mezzi di informazione che nell'opinione pubblica, sono stati portati a giudizio non situazioni ambientali o orientamenti ideologici, bensì, ovviamente, singoli imputati per specifiche e ben individuate condotte criminose loro attribuite nei rispettivi capi di imputazione, che costituiscono la via maestra da cui il giudicante non deve mai deviare, pena la violazione dell'altro cardine del nostro sistema di garanzie processuali rappresentato dall'art. 24 della Costituzione».

LO SPIRITO DI CORPO, IL MURO DI GOMMA DELLE FORZE DELL'ORDINE
I COLPEVOLI SENZA VOLTO: IL POLIZIOTTO EL TIGRE ALTOATESINO SPECIALISTA NEGLI INSULTI AI DETENUTI DI ORIGINE TEDESCA

Amara la considerazione sulle difficoltà incontrate nel completo accertamento della realtà dei fatti. Scrivono i giudici:«In realtà, purtroppo, il limite del presente processo è rappresentato dal fatto che, quantunque ciò sia avvenuto non per incompletezza nell'indagine, che è stata, invece, lunga, laboriosa e attenta da parte dell'ufficio del P.M., ma per difficoltà oggettive ( non ultima delle quali, come ha evidenziato la Pubblica Accusa, la scarsa collaborazione delle Forze di Polizia, originata, forse, da un malinteso "spirito di corpo") la maggior parte di coloro che si sono resi direttamente responsabili delle vessazioni risultate provate in dibattimento è rimasta ignota: valga per tutte la figura di un appartenente alla Polizia Penitenziaria, descritto da diverse parti offese come persona di alta statura e corporatura massiccia, soprannominato dai propri colleghi "er Tigre", che era tra i più esagitati nel colpire e angariare gli arrestati, al quale, tuttavia, non si è riusciti a dare un volto e un nome, così come è rimasto ignoto l'agente di Polizia Penitenziaria altoatesino ( sicuramente identificato come tale da numerose parti lese di provenienti da aree germanofone in virtù del fatto che parlava la loro lingua con accento definito tirolese o, comunque, della Germania meridionale), il quale si era "distinto" per una particolare disposizione a insultare e deridere gli arrestati di lingua tedesca».

GLI INSULTI FASCISTI, LE PAROLE INACCETTABILI DELLA POLIZIA
"Espressioni ripugnanti e vessatorie" (...) Quella notte, nella caserma di Bolzaneto, ci furono «espressioni di carattere politico già di per sé intollerabili sulla bocca di appartenenti a Forze di polizia di uno Stato democratico, che pone il ripudio del nazifascismo tra i valori della propria Costituzione (...) Quelle espressioni sono risultate nella situazione specifica, tanto più ripugnanti e vessatorie in quanto dirette contro persone tutte appartenenti sia pure con sfumature e posizioni differenti tra loro a un'area politico-sociale che si ricollega ai principi del pacifismo, dell'antifascismo e dell'antirazzismo (...)

I VERTICI NON AVEVANO ESATTA PERCEZIONE, ASSOLTI
Articolato il capitolo sulle responsabilità dei vertici (un parallelismo con la sentenza Diaz è possibile, alti vertici presenti in loco e nei luoghi degli abusi, ndr) "Per attribuire ai `vertici´ la responsabilità di quanto avvenuto nella Caserma di Bolzaneto durante il G8 del 2001 sarebbe stato necessario raggiungere la prova che gli stessi vertici fossero stati presenti ai fatti e avessero avuto perfetta percezione di quanto stava avvenendo»

LA VICENDA

È stata depositata la motivazione della sentenza del tribunale di Genova per i fatti avvenuti nella caserma di Bolzaneto durante il G8 del 2001. Il documento - 467 pagine - fornisce la spiegazione della decisione di condanna e assoluzione per il dibattimento relativo agli abusi e alle violenze perpetrati nel carcere provvisorio di Bolzaneto, quello attivato e autorizzato sulla base di una previsione dei servizi di informazione e del ministero del giugno 2001, in base ai quali erano prevedibili non meno di 600 arresti nei giorni del g8. Arrestati che le autorità penitenziarie non ritennero idoneo sistemare a Marassi o nelle carceri liguri per problemi logistici e-o di trasferimento forzato e temporaneo di parte dei detenuti già presenti nelle diverse strutture.

Il 14 luglio scorso, al termine di un processo durato molti mesi e dopo oltre 9 ore di camera di consiglio, il tribunale presieduto da Renato De Lucchi pronunciò una sentenza di condanna per 15 persone e 30 assoluzioni, comminando pene variabili fra i 5 mesi e i 5 anni. I reati contestati agli imputati, a vario titolo, erano abuso d'ufficio, violenza privata, falso ideologico, abuso di autorità nei confronti di detenuti o arrestati, violazione dell'ordinamento penitenziario e della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tra gli altri fu condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione Alessandro Perugini, ex vicecapo della digos di Genova. La pena più ingente venne inflitta ad Antonio Biagio Gugliotta, ispettore della polizia penitenziaria. I fatti risalgono al luglio 2001 quando nella caserma di Bolzaneto vennero trasferiti - in transito - un gruppo di ragazzi no global arrestati. In quella caserma, secondo l'accusa, vennero compiuti violenze e soprusi fino alla violazione dei diritti e delle libertà individuali. Per questo vennero rinviate a giudizio 45 persone tra poliziotti, funzionari della questura, medici e poliziotti della penitenziaria.