CHIEDONO al Comune di riavere la Diaz per un giorno, il 13 dicembre, quelli del Comitato Verità e Giustizia per il G8 di Genova. Chiedono la Diaz, ieri mattina, in un´assemblea convocata in Sarzano al Museo di Sant´Agostino, per discutere come andare avanti dopo la sentenza di giovedì sera, dopo lo choc di sentirsi vittime due volte. L´hanno chiamato "Genova, parola chiave: impunità" quel dibattito. C´è Giuliano Giuliani, il padre di Carlo, c´è Mark Covell, giornalista inglese, che rischiò di morire, legali come Gilberto Pagani e Giuliano Pisapia, presidente degli avvocati democratici, c´è Vittorio Agnoletto, europarlamentare di Prc che non ha mai smesso il suo ruolo di portavoce del Genoa Social Forum. In platea gli altri, Enrica Bartesaghi, Arnaldo Cestaro, Lorenzo Guadagnucci, anche lui giornalista, anche lui autore di un libro su quella esperienza.
Chiedono di avere la scuola "Diaz" per un giorno, perché alla scuola del blitz, del pestaggio, della "macelleria messicana", spiega Vittorio Agnoletto, vogliono invitare la società civile, gli uomini di cultura, soprattutto i registi che nel 2001, in quei giorni di luglio, si mescolarono ai migranti e filmarono tutto. La festa del giovedì, l´orrore della morte di Carlo Giuliani, i cortei, le devastazioni dei black bloc. E poi la Diaz, i ragazzi feriti e sanguinanti, portati via in barella, qualcuno, come Mark Covell, salvato dai medici del San Martino che rifiutarono di farlo trasportare via, in arresto. Nessuno vuole vendette, nessuno si ribella, ma ricordare è un modo, spiegano «per non abbandonare la difesa dei diritti, quelli della Costituzione, prima di tutto». Contro la sentenza annunciano il ricorso in Appello e alla Corte europea dei diritti dell´uomo di Strasburgo. Spiega Agnoletto: «La Corte europea ha già riconosciuto i diritti calpestati a Genova nel 2001, torneremo da quei magistrati per farci difendere ancora e, prima, chiederemo di esprimersi alla magistratura italiana in un altro giudizio». Non è ottimista sulla possibilità di una commissione d´inchiesta, Agnoletto, attacca chi, come l´Italia dei Valori «adesso la vuole ma prima, durante il governo Prodi quando la commissione era nel programma di governo, si oppose. Sperare che accada ora è pura ipocrisia perché non abbiamo i numeri per farla passare e il governo ha già detto chiaro come la pensa». Mark Covell si commuove quando dice: «Tornerò a Londra, deluso dalla speranza di avere giustizia, ma non mi rassegno, voi vi prego, sosteneteci». Giuliano Pisapia ragiona: «Siamo dentro una logica che vuole farci andare indietro di trent´anni, con situazioni che si intrecciano, con scenari che mai pensavamo si sarebbero riaperti», poi definisce la sentenza sulla Diaz «un´ulteriore ferita alla democrazia». Sul che fare adesso, l´avvocato Pisapia ammette: «Siamo messi male, siamo rimasti in pochi, dove sono finite le migliaia e migliaia di persone che si era battute per non tornare indietro?». Adesso, prosegue Pisapia, «serve anche il pessimismo della volontà, perché agiamo con la certezza di batterci per evitare l´oblio». Dal punto di vista giuridico- giudiziario, non ha dubbi. «Credo da sempre nella necessità della chiarezza della prova, ma se c´era un processo con un quadro probatorio imponente, era quello che si è appena chiuso. C´erano non solo le testimonianza, ma la foto, il filmato, c´era l´oggettività dei fatti». Per questo si dovrà andare avanti, con il ricorso in appello e quello all´Alta Corte. Altrimenti, conclude Pisapia, « gli unici colpevoli siamo noi, colpevoli di aver creduto in un mondo migliore, colpevoli di voler continuare a lottare». E, tra gli applausi liberatori, esorta ancora tutti a andare avanti. Per avere, appunto, "verità e giustizia".