GENOVA - Finisce alle nove di sera con il pubblico che urla «Vergogna!», la corte che s´affretta a lasciare l´aula, i pubblici ministeri impietriti, le vittime in lacrime, gli avvocati degli imputati che parlano a bassa voce, quasi imbarazzati per un epilogo comunque sorprendente.
Finisce con la semplice condanna di un gruppo di «celerini» e del loro capo, insieme a quella dell´agente e del funzionario che materialmente portarono le molotov nel cortile della scuola. Tutti assolti i super-poliziotti, compresi quelli che firmarono i verbali farciti di prove false. Secondo i giudici, furono ingannati dagli agenti «cattivi»: i colpevoli sono 9 capisquadra del nucleo anti-sommossa e i due loro superiori, che fecero irruzione massacrando 93 no-global inermi; un poliziotto ed un vice-questore, che decisero da soli di imbrogliare le carte piazzando le bottiglie incendiarie. Ma la fantomatica aggressione al poliziotto, le coltellate di un misterioso black bloc sbugiardate dalle perizie? Questa ed altre bugie smascherate durante il dibattimento non sembrano trovare spazio nella decisione presa da Gabrio Barone, presidente della prima sezione. Dopo sette anni e mezzo di indagini e centocinquanta udienze, il tribunale di Genova ha riscritto quella che la procura aveva denunciato come la notte più nera nella recente storia della Polizia di Stato. I poliziotti «buoni», tutti promossi in questi anni e oggi ai vertici del Ministero dell´Interno, furono anche loro vittime dei picchiatori in divisa. Le condanne sono solo tredici, quando i pm ne avevano chieste ventotto: trentacinque anni e sette mesi di reclusione complessivi, contro una domanda tripla. «Ero certo dell´innocenza mio cliente. Ma le assoluzioni sono forse un po´ troppe», confessa a caldo uno dei legali, Giuseppe Giacomini.
«Questa sera credo che sia più dignitoso il silenzio completo», taglia corto Enrico Zucca, che insieme al collega Francesco Cardona Albini dalla notte del 21 luglio 2001 ha cercato di fare chiarezza, rompendo il muro di omertà e scoprendo dopo un anno che le molotov nella scuola ce le aveva messe la polizia. La procura sosteneva che dell´irruzione, e soprattutto delle mosse successive - l´arresto dei presenti, i conseguenti falsi - fossero responsabili tutti. Anche e soprattutto i funzionari che fino all´ultimo furono presenti al blitz. Che fecero finta di non vedere Mark Covell, il giornalista inglese ridotto in fin di vita nella strada adiacente e fatto passare per un Black Bloc della Diaz. Tra di loro Francesco Gratteri, attuale dirigente dell´Antiterrorismo. E Giovanni Luperi, oggi capo dell´Aisi, l´ex Sisde. E ancora Gilberto Caldarozzi, protagonista dell´arresto di Bernardo Provenzano, più Spartaco Mortola, questore vicario a Torino.
E´ stato condannato a 4 anni di reclusione Vincenzo Canterini, allora capo del disciolto VII nucleo anti-sommossa, ora questore e ufficiale di collegamento dell´Interpol a Bucarest. Due anni per il suo vice, Michelangelo Fournier, che parlò di «macelleria messicana». Tre anni a otto capisquadra che beneficeranno di tre anni d´indulto come Canterini. Un mese di reclusione ad un nono collega. E poi ci sono quelli delle molotov: due anni e sei mesi a Michele Burgio, che dal blindato della «Celere» portò le bottiglie nel cortile della Diaz; tre anni Pietro Troiani, il vice-questore che le offerse ai suoi colleghi. Ingannandoli, dice il tribunale. Ma l´uomo che le portò materialmente nella scuola resta un mistero. E molti sono ancora i misteri che questa sentenza non contribuisce purtroppo a risolvere. Anzi.