Caro Bressa, caro Tonini, scrivo a voi perché ho avuto modo di conoscervi e apprezzarvi in questi anni e per i ruoli che ricoprite in parlamento e nel Partito democratico, ma questo messaggio è rivolto a tutti i parlamentari che hanno sostenuto l'impegno per la costituzione di una commissione parlamentare sul G8 del 2001.
Come ben ricorderete, già all'indomani dei fatti di Genova le forze del centrosinistra proposero l'istituzione della commissione, nella consapevolezza che solo il parlamento potrebbe affrontare con i mezzi idonei [la preminenza della politica e i poteri spettanti alle commissioni d'inchiesta] quella caduta della legalità costituzionale che caratterizzò le tragiche giornate del G8. Per cinque anni, dal 2001 al 2006, il centrosinistra cozzò contro l'ostinata e totale avversione della maggioranza di centrodestra. Fra il 2006 e il 2008 il centrosinistra non è invece riuscito a rispettare l'impegno preso con gli elettori. La legge istitutiva della commissione è stata bocciata alla Camera dei deputati, per alcune defezioni in seno allo stesso centrosinistra.
Come saprete, noi del Comitato Verita' e Giustizia per Genova riteniamo che il no alla commissione sia stato un grave errore politico, perché ha impedito al parlamento - e alle forze politiche di centrosinistra - di fare finalmente i conti con la pesante eredità che il G8 di Genova ci consegna, e cioè una caduta verticale dello stato di diritto, una grave ferita alla democrazia che non è stata in alcun modo sanata. Sono passati sette anni dai fatti e ora c'è addirittura il rischio, se non la certezza, che siano sospesi per un anno i principali processi riguardanti le forze dell'ordine [Bolzaneto e Diaz], che pure sono arrivati alla vigilia della sentenza. Sarebbe un colpo di mano inaccettabile, contrario se non alla lettera, di certo allo spirito della Costituzione. Oltretutto la sospensione, per gli aggravi burocratici che comporta, potrebbe far precipitare i processi, specialmente quello per i fatti della Diaz, nel buco nero della prescrizione, prima ancora della sentenza di primo grado. La magistratura, che già in questi anni ha dovuto combattere contro l'ostruzionismo e gli ostacoli frapposti da pezzi dello stato, sarebbe quindi neutralizzata e non potremmo nemmeno contare sul valore simbolico di una sentenza di primo grado.
Ma questa è solo una parte del problema. Restano intatti - a prescindere dal colpo di mano in corso-i nodi politici, etici e culturali posti dai fatti di Genova, attorno ai quali c'è il silenzio totale della politica e del parlamento. E' accertato, sul piano storico, che a Bolzaneto vi furono maltrattamenti che sarebbero qualificati come tortura se nel nostro ordinamento esistesse questo reato, e che alla scuola Diaz fu eseguita una spedizione punitiva che portò al brutale pestaggio di decine di persone, al loro arresto sulla base di prove false e con accuse inventate: l'associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e saccheggio, la resistenza aggravata a pubblico ufficiale.
La risposta delle istituzioni, anche qui sul piano «storico», è stata una legittimazione di fatto dell'operato delle forze dell'ordine: nessuno, al vertice dello stato, ha mai chiesto scusa alle vittime dei soprusi, i dirigenti imputati sono stati addirittura promossi, il parlamento ha negato la commissione d'inchiesta e non è nemmeno riuscito ad approvare una legge sulla tortura. Ora si cerca di aggiungere l'incredibile, ossia la sospensione dei processi, ma questi non potrebbero comunque sostituire la politica, perché in tribunale si accertano eventuali responsabilità penali personali e non si dice nulla sul resto.
Se anche tutti gli imputati fossero condannati, che cosa cambierebbe per la credibilità delle istituzioni democratiche, così gravemente compromessa nel luglio 2001? Niente, perché toccherebbe comunque alla politica intervenire. Come? Ad esempio chiedendo scusa alle vittime e ai cittadini, sospendendo immediatamente i condannati e i vertici delle forze di polizia, avviando una vasta operazione di riforma democratica delle forze dell'ordine. Sono cose che andavano fatte subito.
Il quadro che si profila è ormai molto chiaro: a fronte di abusi accertati e di comportamenti antidemocratici innegabili, stiamo correndo verso un nulla di fatto: sia sul piano giudiziario sia su quello politico e parlamentare, e infine a che su quello etico e culturale. A me stanno a cuore tutti questi livelli, compreso l'ultimo. Ho la sensazione che lo choc di Genova-la morte di un ragazzo [per la quale non vi è stato nemmeno un processo], l'abissale caduta di legalità, la cancellazione dei diritti umani e costituzionali per almeno tre giorni-non sia stato elaborato in modo sufficiente nel nostro paese. Si è cercato di minimizzare, di dimenticare, lasciando che pochissimi coltivassero la memoria e l'indignazione, senza però degnarli della minima attenzione, lasciando cadere anche le loro proposte.
Caro Bressa, caro Tonini, vi consegno queste mie allarmate considerazioni per quello che sono: un atto di denuncia a fronte di una democrazia che muore e si trasforma in qualcos'altro. Penso che le ragioni che ci spinsero, e vi spinsero, già nel 2001 a chiedere una commissione d'inchiesta, siano ancora lì, semmai più inquietanti di allora. Eppure non se ne parla più, nemmeno voi ne parlate più.
Concludo dunque chiedendovi che fine ha fatto la richiesta di commissione, se l'avete riproposta o no. Vi chiedo se pensate che dobbiamo rassegnarci alla morte della Costituzione, o almeno del suo spirito e di alcuni suoi articoli. Se dobbiamo davvero subire l'umiliazione di vedere che le carriere di alcuni funzionari e dirigenti di polizia valgono più dei diritti di cittadinanza e del principio di giustizia. Se dobbiamo subire in silenzio il colpo di mano giudiziario del governo. Vi chiedo se reputate necessaria o inutile un'azione culturale e politica di autentica riscossa democratica.
Cordialmente,
Lorenzo Guadagnucci, Comitato Verità e Giustizia per Genova