Le cinquanta pagine depositate nell´ufficio del gip rappresentano secondo gli investigatori un «esemplare» caso di falsa testimonianza. Quattro pm ed un procuratore aggiunto chiedono di processare tre alti funzionari dello Stato. Il primo è l´ex capo della polizia, Gianni De Gennaro. Poi Francesco Colucci, già questore di Genova: nonostante lo scandalo è stato recentemente promosso al ruolo di prefetto, ed è uno dei primi sette poliziotti d´Italia. L´ultimo è Spartaco Mortola, nel 2001 capo della Digos del capoluogo ligure, che a sua volta ha fatto carriera: è questore vicario a Torino. Il pasticcio è legato a quella che tutti - compreso uno degli imputati per la vicenda e attuale capo del Sisde, Gianni Luperi - definiscono «una delle pagine più brutte nella storia della Polizia di Stato»: la sciagurata irruzione nella scuola Diaz durante il G8, 93 no-global massacrati ed arrestati con prove fasulle. Per la procura, uno è il bugiardo: Colucci. L´altro gli ha detto di mentire, per evitare fastidi: De Gennaro. Il terzo è quello che ha fatto da tramite: Mortola.
De Gennaro è accusato di «aver determinato Francesco Colucci a deporre circostanze non corrispondenti al vero e comunque non appartenenti alla propria percezione, anche ritrattando sue precedenti dichiarazioni». Per gli inquirenti l´ex questore avrebbe mentito nell´udienza del 3 maggio 2007, cambiando versione rispetto alle sue precedenti dichiarazioni. In particolare riguardo «ai contatti fra di loro avuti, alle informazioni reciprocamente scambiate e alle richieste formulate. Provvedendo ad eliminare il principale punto di contrasto esistente tra le deposizioni in precedenza da loro rese». I pm sostengono che Colucci abbia ridimensionato il ruolo del "capo" nel blitz, giurando che quello non ne sapeva nulla. Un riflessione genuina? Sembra proprio di no. Nei giorni precedenti la testimonianza di Colucci, la procura stava infatti conducendo un´altra indagine - niente a che vedere con il G8 - e per questo motivo intercettava le telefonate di Spartaco Mortola. Che il 26 aprile, è scritto nella richiesta, chiacchiera via filo con l´ex questore. «Il capo nelle sue dichiarazioni ha fatto marcia indietro... io allora devo rivedere un po´ il discorso di quello che ho dichiarato io di Sgalla... Sgalla, stampa, eccetera. Questo serve per aiutare i colleghi», dice Colucci. In effetti, in commissione parlamentare De Gennaro aveva sempre detto di non sapere nulla dell´irruzione, ma in un interrogatorio del 2002 aveva aggiustato il tiro. Negando però di aver ordinato a Colucci di avvertire Roberto Sgalla, allora responsabile delle relazioni esterne della polizia e in contatto con i giornalisti. Invece l´ex questore aveva sempre confermato questa circostanza. Ma in aula ci ripensa - «Il capo dice: tu devi, bisogna che aggiusti un po´ il tiro sulla stampa», confessa al cellulare - e dice ai giudici di aver telefonato a Sgalla di sua iniziativa. Nei giorni successivi alla testimonianza, Colucci si gode il trionfo: «M´ha chiamato il capo: "Ciccio, li hai sbaragliati, li hai messi alla sbarra". Ho dato una mano a tutti i colleghi. Poi ho chiamato Manganelli, dice: "Complimenti, so che è andata bene"». Una falsa testimonianza "esemplare", appunto.
L´ultima parte della richiesta di rinvio a giudizio contiene la difesa di Gianni De Gennaro. Che spiega: «Nego di aver mai "ringraziato" Colucci. Al limite, posso aver espresso compiacimento dopo la sua deposizione, ma solo perché aveva detto la verità». Ma, insistono i pm, vi siete visti prima del processo. «E´ vero, abbiamo scambiato qualche impressione. E´ stata una conversazione breve, fugace. Non ho mai detto a nessuno di cambiare versione».