Non sottovaluto le parole di Veltroni su Bolzaneto, e neppure gli articoli di D'Avanzo su Repubblica; pure la sua intervista al ministro Amato contiene elementi utili. Tutto ciò che serve ad alimentare speranze su Genova è benvenuto, anche con i limiti e i ritardi che altri hanno sottolineato. Mi sembrano però almeno due i punti mancanti al dibattito, così importanti da farmi essere pessimista non solo su Genova, ma in generale sulla corretta percezione dello stato dei diritti in Italia.
Il primo: Genova è trattata ancora come un'eccezione, un ingiustificabile quanto irripetibile black out della democrazia. Due frasi di Amato sono significative: "... anche se per una breve stagione, siamo tornati là da dove ci siamo mossi è dura da accettare ... sarebbe essenziale che rilevassimo come una macchia l'eccezione del 2001 ...". Isolare Genova dal contesto di precarietà dei diritti in cui viviamo non è un buon inizio se, come dice lo stesso Amato, l'obbiettivo è evitare che si ripetano fatti analoghi.
Il secondo: la politica delega totalmente alla magistratura l'accertamento della verità sul g8 genovese, senza accorgersi che così facendo denuncia la propria inadeguatezza e pure la propria ignavia. Anche qui è indicativo quanto afferma Amato: "per accertare la verità, mi fido della giustizia non della politica ... conviene affidarsi al lavoro del giudice e lasciar perdere le commissioni parlamentari".
Credo che nelle "grandi questioni" esistano episodi marginali che, se letti correttamente, sanno essere significativi più di altri. Genova non sfugge a questa regola, e uno di questi episodi l'ha raccontato Lorenzo Guadagnucci nella nuova prefazione di "Noi della Diaz". Ad un'udienza preliminare per i fatti della Diaz, Francesco Gratteri (Nel 2001 direttore del servizio centrale operativo della polizia, dal dicembre 2006 responsabile della direzione anticrimine) fu accolto ossequiosamente dagli addetti all'ingresso del tribunale. In quell'occasione si presentarono anche molte vittime della Diaz, come parti offese. Fra queste Lena, diventata suo malgrado simbolo della notte dei manganelli: una foto la ritrae sanguinante uscire in barella dalla "macelleria messicana". Alcune lesioni risultarono permanenti, specie per la sua capacità respiratoria.
Ebbene, i controlli all'ingresso interessarono le vittime, tra cui Lena (colpevole d'avere una cintura con una grossa fibbia metallica). Guadagnucci descrive la sensazione di chi si sente fuori posto, ospite indesiderato proprio laddove dovrebbe essere ristabilita la giustizia per quanto successo sette anni fa. Un paradossale scambio di ruoli tra vittime e carnefici, un ambiente che sembra assicurare garanzie e rispetto agli accusati più che agli accusatori, in virtù del ruolo istituzionale dei primi.
E' in questa ottica che appare stridente la frase di Amato sull'inutilità della commissione. Amato non conferisce solo una delega in bianco alla magistratura, ma attesta il rifiuto della politica a farsi organo terzo rispetto al controllo delle forze dell'ordine. Le parole del ministro attestano l'inquietante separazione dagli altri poteri statali delle forze di polizia, soggette solo al controllo dei giudici, peraltro episodico e relativo solo alle responsabilità personali.
Anch'io non credo più molto nella commissione, ma proprio perché per la sua utilità servirebbe prima uno scatto d'orgoglio da parte della politica nel farsi carico del ruolo di verifica dell'operato delle forze dell'ordine. Accantonando le considerazioni sulla prescrizione incombente per i reati commessi alla Diaz o a Bolzaneto, la magistratura potrà anche contribuire all'accertamento della verità, ma quel che servirebbe davvero è l'istituzione di un'autorità indipendente di vigilanza sulle forze di polizia, che eviti la singolare situazione per cui chi ritiene di aver subito un abuso deve relazionarsi con le stesse forze da cui dipende il denunciato. E' triste constatare che se la commissione su Genova è stata finora affossata, il dibattito su questa autorità "terza" non è mai neppure cominciato, e pure quello sull'istituzione del reato di tortura procede a stento: la politica, distratta dal dito, dimentica di osservare la luna.