Il primo non poteva non sapere a cosa servissero, e da dove venivano, quelle molotov portate alla Diaz. Il secondo ha firmato - pur non avendo preso parte all'irruzione - i verbali fasulli del blitz nella scuola di fronte a quella del massacro. Così ci sarà un processo per falso - e inizierà il 7 aprile davanti al giudice monocratico - per Salvatore Gava e Pietro Troiani, i due funzionari di polizia per i quali i pm della Diaz, Zucca e Canciani avevano chiesto il proscioglimento due anni fa. A ribaltare quella decisione, ieri mattina, il capo dell'ufficio del gip, Salvatore Fucigna, al quale, nel luglio passato, la Cassazione aveva rimandato le carte accogliendo il ricorso della procura sul proscioglimento dei due . «Nel processo principale della Diaz, la calunnia consiste nella fabbricazione di prove false, e il falso verbale è la condizione per l'altro reato», spiega a Liberazione , Emanuele Tambuscio, uno dei legali del Glf parte civile anche nel nuovo processo.
Pietro Troiani, in forza alla questura di Roma, fu immortalato in un video mentre girava dalle parti della Diaz senza gradi, gradi che gli ricompaiono alcuni fotogrammi più in là. Secondo l'accusa dopo aver portato le bottiglie incendiarie, particolare ammesso dal funzionario, dentro il cortile del dormitorio del Genoa social forum dove i suoi colleghi, perlopiù travisati, realizzavano la "normale" perquisizione che fruttò 93 arresti illegittimi e 82 feriti anche gravissimi. C'è voluto parecchio tempo per arrivare al rinvio a giudizio e questo, oltre alle peripezie giudiziarie con l'andata e il ritorno delle carte dal Palazzaccio, la sede romana della Cassazione, anche grazie alle "minuziose" analisi dei Ris che non si accorsero del grado ballerino. Nelle stesse ore del blitz, nella scuola di fronte, dove c'era il media center, l'irruzione della polizia si bloccò prima di degenerare come alla Diaz ma non prima di trafugare i computer del legal forum che stava raccogliendo prove su quella che Amnesty international avrebbe definito la più grave violazione dei diritti umani in Occidente dalla seconda guerra mondiale in poi. Salvatore Gava, uomo della questura di Sassari, sarebbe risultato il firmatario più alto in grado dei verbali di quella irruzione - ripresa in diretta dagli studi di Radio Gap, visitati dai poliziotti - che avrebbero "soprasseduto" sui furti e le devastazioni di materiale. Gava è uno dei tredici firmatari, pur non avendovi mai messo piede, del verbale per l'irruzione alla Pascoli. La sua difesa dice che non ha compiuto la perquisizione ma avrebbe partecipato all'identificazione degli arrestati a Bolzaneto. Il gip non ha avuto dubbi: si verbalizza solo su cose agite in prima persona. E poi avrebbe commentato che non s'è mai visto un verbale senza l'intestazione di chi esegue la perquisizione. «Resta il giallo della tredicisima firma - continua Tambuscio - e dire che quel verbale doveva servire a convalidare gli arresti di quella notte. E' una vicenda grottesca e c'è ancora un funzionario ignoto. Significativo che la Cassazione abbia fornito questi principi di diritto, si spera che sia anche il criterio del tribunale nel giudizio principale». «Una prova in più sulla necessità di una vera commissione di inchiesta parlamentare sui fatti di Genova», fa sapere Haidi Giuliani, senatrice del Prc, mamma di Carlo Giuliani, consapevole che le evoluzioni del quadro politico stiano spegnendo le residue speranze sull'attuazione di uno dei punti del programma dell'Unione.
Ma, alla vigilia delle sentenze nel vero processo politico sui fatti di Genova, quello in corso a Cosenza contro i 13 "cospiratori" del Sud ribelle, è necessario registrare con inquietudine le gravi condanne dell'altro ieri, di 13 attivisti nowar (91 anni complessivi) del procedimento fiorentino per le resistenze a pubblico ufficiale che si registrarono sotto il consolato Usa nel '99 in un corteo contro la guerra in Kossovo: «Sette anni per resistenza, ma è una pena abnorme!», dice Italo Di Sabato, dell' Osservatorio contro la repressione, rilanciando il corteo nazionale del 2 febbraio a Cosenza. «Non solo per scardinare il teorema politico di Fiordalisi ma anche per far ripartire una nuova stagione di garantismo». Il 13 maggio 1999 lo sciopero delle organizzazioni di base fu un grande successo (a Firenze 3.000 in piazza). A corteo concluso davanti al Consolato americano partirono, senza preavviso, durissime cariche poliziesche: candelotti sparati ad altezza d'uomo, 5 manifestanti costretti alle cure ospedaliere, mentre tanti altri contusi evitarono gli ospedali. L'atteggiamento delle forze dell'ordine fu conseguente alla circolare D'Alema-Iervolino ("perché non vengano tollerate manifestazioni contro basi militari e sedi governative"). Un video mostrò l'esatta dinamica delle cariche - video ripetutamente fatto vedere da "Striscia la notizia", anche, strumentalmente, nei confronti del centrosinistra allora al governo. Nove anni dopo in aula un'arringa tutta politica contro quello definito dal pm Suchan lo zoccolo duro dell'autonomia operaia. Le prove: tre telefonate mandate regolarmente in onda, di Bruno Paladini, portavoce del primo Fse a Firenze, all'emittente romana Onda rossa. Le pene risulteranno superiori a quelle richieste dal pm. «Il conflitto contro la guerra è punito in modo pesante, con una somma di anni superiore al massimo della pena grazie al meccanismo dell'aggravante perché il fatto sarebbe stato compiuto da più di cinque persone - racconta Paladini - e colpisce il movimento fiorentino proprio mentre è protagonista di vertenze contro le ditte che stanno sminando il Dal Molin e di campagne contro le politiche sicuritarie. Chiaro che saremo a Cosenza sabato prossimo con una proposta: organizzare a Firenze una grande kermesse di dibattito per trovare la strada di impedire che la storia dei conflitti venga sempre scritta in tribunale».