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Genova non si chiude con un cambio di poltrona
Francesco "baro" Barilli
26 giugno 2007

L'avvicendamento al vertice della Polizia di Stato fra Gianni De Gennaro e Antonio Manganelli è stato salutato da un coro bipartisan di consensi. A sinistra, in particolare, qualcuno sembra voler credere che questo significhi un'ideale e "dignitosa" conclusione di una delle pagine del G8 genovese: niente di più sbagliato.
Non intendo discutere, in questa sede, il profilo umano o professionale di Manganelli: non lo conosco, lo valuterò per le sue azioni e per eventuali svolte che saprà o vorrà dare al corpo di Polizia nello svolgimento delle sue mansioni. In questo momento m'interessa denunciare l'atteggiamento del governo Prodi, anche in questa occasione ambiguo e privo di vera discontinuità rispetto all'esecutivo di centro destra.
Nei burrascosi giorni del dibattito sul caso Visco-Guardia di Finanza le parole più chiare e nette da parte del governo arrivarono da Tommaso Padoa Schioppa. Ossia, paradossalmente, proprio uno dei ministri guardato con più scetticismo dalla sinistra ebbe il coraggio di parlare di "opacità di comportamenti, di una gestione anomala", denunciando in particolare la differenza tra autonomia e separatezza, nel caso delle Fiamme Gialle: benvenuta e auspicabile la prima quanto pericolosa ed esecrabile la seconda. Qualcuno saprà parlare, per la Polizia di Stato, di separatezza rispetto alle istituzioni? Qualcuno saprà dire, senza reticenze, che la nomina come nuovo capo di gabinetto del Viminale di De Gennaro (su cui è aperta un'indagine per l'ipotesi di aver indirizzato la deposizione di un testimone nel processo Diaz, precisamente quella di Francesco Colucci) non chiude nessuna pagina del G8 genovese?
No, il nuovo ruolo di De Gennaro (sia esso interpretato come promozione o come parziale ridimensionamento, poco importa) non ci parla di una svolta: semmai denuncia ancora l'esistenza di un centro di potere talmente forte da ritenersi estraneo al controllo, tanto politico quanto giudiziario.
O forse gli avvicendamenti in corso al Viminale e presso la Polizia di Stato chiudono, sì, la vicenda, ma lo fanno come può farlo un balletto (tipicamente italiano) di nomine e incarichi: una piroetta, un inchino, e i ballerini tornano ad accomodarsi su poltrone diverse.
Solo che, in questo caso, l'inchino ha il sapore di uno sberleffo per quelli che a Genova subirono la sospensione dei propri diritti costituzionali.

Francesco "baro" Barilli