Nessun perdono agli assassini della Uno bianca. E nessun incontro con l'avvocato di Fabio Savi, che ai parenti di chi ha perso un figlio o un amico per mano dei "killer in divisa" ha chiesto un'apertura al dialogo. Un appello che l'Associazione delle vittime, com'era prevedibile, respinge con fermezza. "Le parole dell'avvocato Fortunata Copelli non le prendiamo nemmeno in considerazione - replica Rosanna Zecchi - Ci eravamo espressi così anche quando Alberto Savi ci fece arrivare una lettera di scuse mentre ricordavamo i carabinieri uccisi al Pilastro. La nostra decisione non cambia. Nello scorso giugno ci siamo riuniti e consultati: non una sola mano si alzò per accordare il perdono a chi ha sparso tanto sangue innocente".
Percorsi che non si incontrano, dolore mai sopito e sospetti. "L'impressione - insiste Rosanna Zecchi - è che questa richiesta del legale di Fabio Savi possa essere una specie di "artificio tecnico" in vista delle richieste di permessi-premio per gli assassini. Non vogliamo che un giorno qualcuno possa dire: "C'è il perdono delle vittime, anche loro hanno dimenticato".
Ai parenti dei morti e dei feriti, l'avvocato Copelli aveva chiesto un segnale d'apertura, l'avvio di un dialogo. "E non di dimenticare quanto è successo e quanto i familiari hanno subìto - dice il legale - Io sono un avvocato, questa chiusura mi stupisce e mi addolora. Ha il senso di una "vendetta". Ed è una logica simile a quella di chi sostiene la pena di morte".
Ieri il legale ha mandato un telegramma a Fabio Savi. "La questione del tuo trasferimento in un altro carcere ha provocato un terremoto", gli ha scritto. I familiari delle vittime sono irremovibili. "Nessuno vuole equiparare il trasferimento di Savi ad un "permesso premio" - dice ancora Zecchi - Sappiamo che è una cosa diversa e tecnicamente possibile. Ma al ministro Angelino Alfano, quando lo incontreremo mercoledì prossimo, chiederemo di sapere se tutte le procedure sono state rispettate. Fabio Savi non è più considerato un "soggetto socialmente pericoloso"? E come l'ha ottenuta, questa classificazione? È bastato lo sciopero della fame? Vogliamo garanzie".
Un incontro atteso a lungo, quello col ministro. "Sono passati nove mesi dal giorno in cui inviammo un fax al Guardasigilli. L'impressione è che abbia accettato solo adesso perché s'è mossa la politica e perché i giornali sono tornati a parlare della nostra condizione. Spero di sbagliarmi".