E' stata "salutata" come la riapertura delle cosiddette piste alternative, scartate negli anni per mancanza di indizi. L'iscrizione nel registro degli indagati dei due ex terroristi tedeschi Thomas Kram e Margot Frohlich per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 ha infatti ridato fiato alla ricerca di responsabilità palestinesi nell'attentato che 31 anni fa fece 85 morti e 200 feriti. Nello specifico, si tratta di quella linea investigativa in base alla quale l'esplosione avvenuta alle 10.25 nella sala d'aspetto di seconda classe sarebbe stata una ritorsione contro l'arresto di militanti del Fronte di liberazione della Palestina, a iniziare dal loro leader nel Belpaese, Abu Anzeh Saleh.
Per i sostenitori di questa tesi a suffragio di quanto detto ci sarebbe l'ingresso, dalla frontiera con la Svizzera, di Kram alla vigilia della strage.
L'uomo, diretto a Perugia, pernottò a Bologna nella notte tra il 1 e il 2 agosto 1980 in un hotel del capoluogo emiliano, il Centrale, mentre Margot Frohlich avrebbe preso una camera al Jolly, sempre a Bologna. Queste informazioni, appena dopo lo scoppio dell'ordigno, non erano sconosciute. Tanto che i movimenti della coppia di terroristi erano stati mappati dai servizi segreti fin da quando misero piede in territorio italiano.
Ma dalle indagini, oltre a quanto già detto, non emerse mai nulla. Senza contare che Kram e Frohlich si registrarono con i loro nomi veri. Dunque perchè oggi incriminarli? Da piazza Trento e Trieste, sede della procura della Repubblica di Bologna, che ha emesso il provvedimento su firma del pubblico ministero Enrico Cieri, si dice che non si tratta di una novità. Intanto perchè l'incriminazione risale a due mesi fa e perchè sarebbe un atto dovuto necessario per giungere forse a un'archiviazione definitiva di questo filone d'inchiesta.
Di questo passaggio è convinto Paolo Bolognesi, presidente dell'associazione vittime, il quale in prima battuta aggiunge: "Siamo noi per primi a chiedere l'acquisizione di tutti i documenti esistenti in relazione alla strage. Dunque, se ce ne fossero, non possiamo che esserne contenti. Tanto che già lo scorso gennaio abbiamo presentato un esposto in cui indicavamo procedimenti giudiziari che a nostro avviso, e ad avviso dei nostri consulenti legali, possono avvicinare all'individuazione dei mandanti".
Già, la questione dei mandanti, uno dei punti rimasti oscuri sulla vicenda Bologna. I familiari delle vittime insistono, alla luce anche delle risultanze del processo di Brescia per la strage di piazza della Loggia del 28 agosto 1974, che si deve tornare a guardare nelle cerniere tra ambienti piduistico-massonici, mafiosi ed eversivi. Cerniere che condurrebbero anche verso l'estero, ma puntando verso responsabilità americane non dissimili da quelle che avevano dettato la linea Nixon-Kissinger nella prima fase della strategia della tensione, conclusasi dopo lo scandalo Watergate del 1974.
Ma la novità di quest'agosto 2011 fa tornare in auge anche altre piste internazionali. Oltre a quella palestinese, anche quella esposta da qualche anno a questa parte dall'ex terrorista Ilic Ramirez Sanchez, conosciuto con il nome di battaglia di Carlos lo Sciacallo e all'ergastolo in Francia, nel carcere de La Santè. Vicino ai due tedeschi incriminati, il leader del gruppo Separat getterebbe le responsabilità della "ritorsione" (perchè di questo si tratterebbe, anche secondo lui) su Cia e Mossad, l'intelligence statunitense e israeliana. Le quali avrebbero recapitato un "messaggio" al governo italiano, da troppo tempo ormai eccessivamente disponibile con il Fplp in forza del suo "lodo Moro", accordo non ufficiale in base al quale si garantiva l'impunità a cellule terroristiche mediorientali operanti in Italia (e si consentiva loro il trasporto di armi corte e da guerra) a patto che non venissero toccati cittadini italiani.
Su questa linea, almeno in parte, era anche Francesco Cossiga, il presidente emerito scomparso il 17 agosto 2010. Il quale, tuttavia, nelle bizzarrie che lo hanno caratterizzato da quando abbandonò il suo ruolo super partes di inquilino del Quirinale, non disdegnava nemmeno la versione palestinese e avvalorava la teoria dello scoppio accidentale dell'ordigno durante un trasporto. Di certo, quest'ultima affermazione di Cossiga confliggeva con le perizie esplosivistico-balistiche dei processi sulla strage, che hanno dimostrato come la bomba (che pesava tra i 20 e i 25 chili ed era composta da tritolo, T4 e gelatinato) poteva deflagrare solo se innescata (circostanza che avvenne). Tornando a Carlos, secondo lui quegli 85 morti erano sulla coscienza di governi e servizi occidentali, che si sarebbero avvalsi di manovalanza locale di estrazione neofascista. I Nar, quindi, i Nuclei armati rivoluzionari, dei quali tre esponenti sono stati condannati in via definitiva al termine di un iter giudiziario che ha riguardato magistratura ordinaria e dei minori e 9 processi, conclusisi nel 1995 (per i maggiorenni) e nel 2007 (per il minorenne del commando) davanti alle sezioni penali unite della Corte di Cassazione. Si tratta di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini e contro di loro sono stati raccolti testimonianze di militanti a loro vicini, esponenti del mondo della criminalità (in particolare della banda della Magliana), versioni mendaci fornite nel corso degli anni dagli imputati e alibi "falliti", cioè falsi. Sono poi stati condannati per i depistaggi Licio Gelli, maestro venerabile della Loggia P2, il consulente del Sismi Francesco Pazienza e gli ufficiali dei servizi militari Giuseppe Belmonte e Pietro Musumeci.
Fin qui sembra tutto acclarato. Ma alla verità giudiziaria e storica sulla strage alla stazione di Bologna manca ancora un pezzo, i mandanti appunto. Che si archivi o si proceda, la posizione dei due tedeschi potrebbe fornire un altro pezzo di storia, fosse anche solo a esclusione. E aggiunge ancora Paolo Bolognesi: "Speriamo che l'esposto che abbiamo presentato a gennaio in procura venga preso in carico per verificare se quello che noi pensiamo abbia riscontri anche dal punto di vista penale. L'impressione che abbiamo è però che si abbia paura di cercare i mandanti e di aprire gli archivi italiani, quelli che ancora rimangono chiusi".