C'era gente, tanta gente in piazza Medaglie d'oro. Alcune migliaia di persone arrivate da ogni parte d'Italia per questo piccolo miracolo laico che si è rinnovato sotto il sole d'agosto. Nonostante l'assenza del governo (o forse proprio per questo) 31 anni dopo c'erano ancora più persone del trentennale della strage alla stazione di Bologna. Lo dice contento il presidente dell'associazione dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi che durante il suo discorso è stato più volte applaudito. Come quando ha attaccato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi «non può scagliarsi contro i giudici chi è stato iscritto alla P2» e quando, non solo per l'assenza, ha definito questo governo «inqualificabile». Al suo fianco il sindaco Virginio Merola alla prima prova dal palco del 2 agosto; il primo cittadino ha tenuto un discorso che ha fatto inumidire gli occhi a diversi nella piazza. Tanto orgoglio per la sua città e parole accese contro l'esecutivo: «non ha l'intelligenza del cuore, è miope. Si possono anche non dare risposte ma i membri di un governo nazionale devono saper andare oltre le contestazioni». Una «mancanza di rispetto e di coraggio» verso una città che continua a chiedere verità e giustizia.
Tutto questo in una mattinata dove i protagonisti sono stati i giovanissimi. Gli 85 bambini arrivati dai paesi che hanno vissuto la strage di Monte Sole, ponte ideale tra passato e presente. Per loro un viaggio in autobus con tanto di lezione su quello che è accaduto in stazione quella mattina del 1980. In mano avevano le gocce di memoria che sono state poi piantate nell'aiuola della stazione, tanti cartoncini di carta quante sono state le vittime della bomba. E mentre Farhana e Marco, 11 e 14 anni rispettivamente, leggevano dal palco una poesia di Roberto Roversi i piccoli ne scandivano il titolo: «Mai più, mai più, mai più». Novità di una commemorazione che ha avuto nel corteo e nella partecipazione i suoi assi portanti.
Parenti di vittime delle stragi italiane e non solo che hanno percorso come ogni anno, con una gerbera bianca appuntata sulla maglia, il centro della città per arrivare alla stazione. Tra chi ha sfilato c'erano la nipote del giudice Mario Amato, Agnese Moro, la figlia dello statista Dc ucciso dalle Br. A Bologna per la seconda volta la Moro invitava a non soffermarsi solo sull'assenza del governo ma sulla «straordinaria» partecipazione delle persone: «Ma si rende conto? - ha detto rivolta alla cronista - è il 2 agosto tutte queste persone potrebbero essere al mare o da qualche altra parte. Per questo sarebbe necessario che ci fossero rappresentanti del governo, per capire in quale paese straordinario e meraviglioso vivono».
Per Manlio Milani, il presidente dell'associazione delle vittime di piazza della Loggia, «l'assenza del governo ci porta a pensare che siano indifferenti rispetto a ciò che avviene nella società. Non esserci significa la volontà di rimuovere quel passato».
Nel suo discorso Bolognesi ha affrontato vari temi. Oltre a ricordare chi è stato condannato per i depistaggi alle indagini sulla strage, Licio Gelli in primis, ha parlato della parentopoli romana del sindaco Gianni Alemanno definendola una «squallida vicenda per le numerose assunzioni a favore di amici ed ex camerati del primo cittadino di Roma». Il presidente dei familiari ha poi ancora attaccato il sindaco di Roma per la mancata commemorazione del giudice Amato.
Anche esponenti politici non bolognesi hanno preso posizione, i neo sindaci di Milano e Napoli Giuliano Pisapia e Luigi De Magistris hanno entrambi parlato della necessità di arrivare ad una verità che manca, non sono stati individuati i mandanti dell'attentato. Il sottosegretario Carlo Giovanardi che quest'anno a causa dell'assenza dei fischi non ha potuto parlare di piazza piena d'odio ha invece attaccato sindaco e altri parlamentari del centro sinistra sul tema del segreto di stato citato ad esempio da Pierluigi Bersani nel suo messaggio ai familiari (il segretario del Pd non è stato presente a causa dei lavori parlamentari). E la necessità che il segreto di stato cada e gli archivi vengano finalmente aperti è stato un altro dei passaggi del discorso di Bolognesi che ha ricordato le promesse mai mantenute del presidente del consiglio.