Loriano Macchiavelli, classe 1934, nato a Vergato, nel bolognese, autore di piéces teatrali, racconti e romanzi polizieschi, è uno dei giallisti italiani più famosi. Nel 1990 uscì un suo libro, "La Strage", ispirato appunto al massacro perpetrato il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Il libro venne subito ritirato dalle librerie per vicende legate alla strage stessa e solo nelle scorse settimane è stato ristampato da Einaudi (pp. 579, euro 21,00). Una vicenda incredibile della quale abbiamo parlato con Libero Mancuso, autore della prefazione e magistrato in pensione che si è a lungo occupato dello stragismo in Italia.
Dottor Mancuso, il libro di Loriano Macchiavelli "La Strage", pur nella sua struttura fantastica, è molto legato ai fatti salienti della storia della nostra Repubblica. Così legato da sparire nel 1990 dalle librerie, a pochi giorni dalla sua uscita, per la denuncia di un imputato nella strage di Bologna (successivamente assolto) che si ritenne diffamato. Un fatto incredibile strettamente legato alla storia dello stragismo?
Vale la pena ricordare che anche Loriano è stato assolto da quella spericolata accusa di avere diffamato uno degli imputati della strage di Bologna, condannato all'ergastolo in primo grado. Fu uno dei feriti nell'esplosione, si allontanò dal luogo dove lo stavano curando lo stesso giorno della strage, dopo avere dato false generalità riportate in un documento che lo poneva in stretto contatto con l'eversione neofascista, la banda della Magliana (al cui vertice vi era Pippo Calò, cassiere della mafia latitante a Roma) e persino con il neofascista siciliano "Ciccio" Mangiameli. Costui aveva ospitato nella sua casa siciliana Mambro e Fioravanti alla vigilia della strage e, solo pochi giorni dopo, verrà assassinato dalla coppia che provvederà a nasconderne il corpo, senza che mai i due abbiano chiarito le ragioni di quell'omicidio. Ragioni che evidentemente risiedono in indicibili motivazioni la cui conoscenza potrebbe illuminare verità ancora nascoste.
Macchiavelli fu assolto da quell'accusa nel 1991. E malgrado ciò soltanto in queste settimane il libro è stato ristampato. Perchè tutto questo tempo secondo lei?
Evidentemente le insidie legate a chi si occupa della strage di Bologna, inserendo personaggi autentici in ricostruzioni verosimili, sono dietro l'angolo. E non tutti coloro che intendono affrontare, con spunti di verità e ricerca seria, anche se travestita da romanzo, le ragioni profonde di quella strage, sono disposti ad inciampare in percorsi giudiziari non semplici, spesso traumatici anche per la loro profonda ingiustizia.
Che ruolo può giocare un libro come questo nella ricerca della verità per la strage di Bologna e per altre?
La lettura del romanzo di Loriano, per la sua plausibilità e per il fascino delle tesi che propone, mi ha riportato al clima, indimenticabile, delle indagini che affrontammo assieme ad un gruppo di straordinari investigatori della Digos. Quando iniziai ad occuparmene, le indagini languivano, sembravano destinate ad esaurirsi in una terribile richiesta di archiviazione che assolveva l'Antistato. Erano già intervenuti delicati apparati istituzionali che avevano provveduto a creare forti tensioni tra Procura della Repubblica e Giudici istruttori; avevano isolato questi ultimi portandoli ad investigare su false piste estere; avevano fatto in modo che quei conflitti interni tra uffici giudiziari portassero i capi degli uffici medesimi davanti al Csm; avevano introdotto nel processo accertamenti in grado di far naufragare le indagini; avevano infine portato alla paralisi del processo. In quel clima di isolamento e di ostilità, ottenemmo improvvisamente due risultati importanti, che rappresentarono la svolta delle indagini: un telefono sotto intercettazione ed una conseguente perquisizione dell'abitazione del maggiore Amos Spiazzi ci dette la prova, era il 1983, che i Servizi già prima della strage avevano avuto notizia, mai prima di allora trasmessa ai giudici, dell'imminenza di un ritorno ai massimi livelli del terrorismo neofascista. Avevano infatti persino incontrato esponenti di una precisa area neofascista romana risultata alle prese con i preparativi della strage. Al centro, "Ciccio" Mangiameli, l'uomo risultato collegato a Picciafuoco. Ottenemmo poi la confessione, da parte di un sottufficiale dell'arma dei Carabinieri, che era stato lui, su preciso mandato dei vertici del Sismi-P2, a collocare materialmente la valigia carica di esplosivo, nella quale erano stati collocati anche due documenti di viaggio intestati ad altrettanti inesistenti cittadini stranieri, che, nelle intenzioni del vertici piduisti del Sismi, avrebbero dovuto dirottare le indagini verso i responsabili della strage alla Sinagoga di Parigi ed all'Oktober Fest di Monaco di Baviera. Ci fu poi la disponibilità dell'allora ministro dell'Interno Oscar Luigi Scalfaro, che convocò i due uffici giudiziari bolognesi, assegnò loro una sede per depositare i fascicoli e dove poter coordinare le indagini, ci furono messi a disposizione i più informati investigatori, si creò un clima più disteso e collaborativo e si riuscì a portare a conclusione l'istruttoria del processo sulla strage di Bologna. Che comunque ha sempre avuto impressi nel fianco, ed ancora ai giorni nostri, pesanti tentativi di delegittimazione dei giudici, delle indagini, delle verità consacrate in due decisioni definitive della nostra Corte di cassazione.
Come sappiamo "la Strage" è un libro di fantasia ma è anche, per il realismo che lo permea, un atto di accusa gravissimo. Forse per questo c'è chi pensa che in libreria non sarebbe dovuto tornare. Qual è la sua opinione?
Ripeto, il libro di Loriano è un'acuta disamina del plausibile, mai dell'impossibile. Persino l'intuizione di uno stretto coinvolgimento degli autori materiali della strage con ambienti di mafia e con la banda della Magliana ha trovato conferma nelle ultime dichiarazioni di Massimo Ciancimino, che riferisce le confidenze che suo padre ricevette dal capomafia Bernardo Provenzano, e nelle rivelazioni del collaboratore di mafia Spatuzza, peraltro non ammesso a programma di protezione, nonostante la richiesta di tre Procure della Repubblica.
Uno degli elementi su cui si sofferma molto l'autore è il ruolo giocato da diversi attori nel depistaggio, soprattutto utilizzando la stampa, per diffondere informative in cui si mescolano elementi di verità e di menzogna. Per altro una caratteristica di tutto lo stragismo in Italia.
Certo un vero depistaggio richiede che la falsa pista indicata dagli apparati informativi ed investigativi sia quanto meno plausibile. Ma nel caso di Bologna si è andati oltre, si è sfidato l'inverosimile, si voleva che tutto finisse in una tragicommedia in grado di seppellire ogni ulteriore velleità indagatrice. Si giunse a formare un falso verbale approvato dalla loggia massonica di Montecarlo dove veniva fatto l'elenco dei presenti, vertici di tutti i partiti politici nazionali, e veniva indicato esplicitamente, come oggetto di delibera, la decisione di eseguire la strage alla stazione. E solo miracolosamente non si giunse alla cattura dei tanti che figuravano presenti in quel verbale completamente falso. Si arrivò anche a pagare con danaro del Sisde chi aveva consegnato ai giudici quella sfrontata patacca.
Non solo la fantasia ma anche tanti elementi di realtà comprovano i legami fra istituzioni, servizi più o meno deviati, logge massoniche, neofascismo, mafia, interessi internazionali. Che idea si è fatta lei, al di là delle verità processuali, di questi connubi?
Sono i connubi che attraversano ancora oggi i bassifondi del più indecente ed impresentabile potere politico nazionale. Che lo condizionano e lo stringono in pugno.
In un passaggio del libro l'autore fa dire ad un suo personaggio: "Il terrorismo ha almeno due volti. Uno visibile, che può venire alla luce: l'esecutore. Uno invisibile, la parte fondamentale e inaccessibile che deve restare invisibile, il mandante. Il mandante non può e non deve essere visibile. Nel momento in cui lo diventa, perde il suo ruolo e viene sostituito". Agghiacciante ma realistico?
Nel caso della strage di Bologna, mi sento di dire, anche l'identificazione degli autori materiali non viene consentito. Il nostro Paese vede ai suoi massimi vertici politici, uomini fortemente condizionati da un passato oscuro, spesso interno alla loggia massonica P2, che hanno ricevuto favori dalle mafie nostrane, cui debbono riconoscenza e da cui temono rappresaglie. E, se si tiene conto degli stretti legami intrecciati dalla mafia e dalla ndrangheta con la massoneria e con il potere finanziario, con le banche, con le professioni liberali e con la politica attraverso affari e voto di scambio, si comprende quanto sia potente e maleodorante questo coagulo criminale e quanto sia elevato il livello di impunità, che da anni ci trasciniamo dietro rovinosamente. E' in questo intreccio perverso tra mafie, politica, massoneria, la banda della Magliana di Calò e di Carboni, i servizi segreti da sempre targati P2 e tradizionali inquinatori delle indagini su tutte le stragi neofasciste avvenute in Italia, Servizi oggi sotto il controllo diretto di un tesserato P2, che trova una ragione forte l'ossessivo tentativo di scagionare i responsabili della strage alla stazione di Bologna che, nella vulgata diffusa ad arte, sono semplici ragazzini, mentre si tratta di feroci neofascisti pluriomicidi, interni al peggiore ambiente politico-criminale.
Oggi si riaprono le indagini sulle stragi di mafia, riemergono modalità, soggetti, intenti, che sembrano quasi il prosieguo di quanto raccontato da Macchiavelli. Una forzatura?
No, e lo ricordavo prima. Loriano ha anche questo merito. Di avere riproposto, ricorrendo a trame romanzesche, quanto nelle indagini bolognesi riuscimmo a provare: i collegamenti tra autori materiali della strage, la Magliana, la mafia, la P2. E quanto tentammo di provare: cioè la partecipazione dei "ragazzini" ad una agenzia del crimine, la banda della Magliana, appunto, legata ai servizi segreti, alla massoneria, allo Ior, alla mafia, disposta ad ogni tipo di favore, dai ricatti, agli omicidi, alle stragi. Si pensi che il braccio destro di Pippo Calò, poi condannato per la strage di Natale, viaggiava da latitante e da mafioso, sotto falso nome, sugli aerei del nostro servizio segreto militare in barba ai controlli doganali e di polizia di frontiera. Per questa grave deviazione istituzionale, i vertici del Sismi furono condannati per peculato mentre il latitante mafioso si sottrasse alla giustizia perchè venne assassinato su mandato dello stesso Pippo Calò per un imperdonabile sgarro. Scenari inquietanti quelli disegnati da Loriano. Inquietanti proprio per la loro verosimiglianza, e che anticipano le letture di fenomeni criminali nazionali con i quali ci stiamo abituando a convivere.
Che speranze abbiamo di arrivare ad una verità condivisa su questo come su altri episodi e che ruolo possono continuare a giocare intellettuali come Macchiavelli?
In un contesto occupato da libri diretti a neutralizzare le tante verità accertate in sentenze definitive e nella relazione della Commissione P2 diretta da Tina Anselmi ed approvata con voto pressochè unanime dal Parlamento, quello di Loriano rappresenta l'esempio di romanzo civile volto alla coscienza dei cittadini perchè avvertano i rischi di ciò che sarebbe potuto accadere, che forse è accaduto, che sta ancora accadendo sotto i nostri occhi e che, se proseguiremo in un percorso privo di memoria e di conoscenza, saremo condannati a rivivere. Ma, questa volta, senza possibilità di venirne fuori.