I fischi di Bologna al ministro Sandro Bondi potrebbero portare il governo a dire basta alle manifestazioni in ricordo della strage alla stazione del 2 agosto 1980. Se l'accoglienza è questa, grazie dell'invito, ma restiamo a Roma: lo dicono apertamente diversi esponenti della maggioranza, a cominciare da Fabrizio Cicchitto: «Non è scritto da nessuna parte - dice il presidente dei deputati Pdl - che debba essere invitato un rappresentante del governo, nella certezza assoluta che venga insultato e contestato».
Proprio dove si presenta «con l'obiettivo di esprimere solidarietà. Il governo deve essere libero di partecipare o no, senza subire il ricatto psicologico e politico che la non partecipazione implichi indifferenza, rispetto a una delle vicende più drammatiche della nostra storia». Dello stesso tono le dichiarazioni dei deputati bolognesi del Pdl Fabio Garagnani e Filippo Berselli, il quale sposa la proposta del corregionale Giuliano Cazzola di fare l'anno prossimo manifestazioni separate.
Un'idea che attira l'ironia del presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime, Paolo Bolognesi: «Sì, proprio una bella idea, magari loro invitano Fioravanti, Mambro e Scaramella» (l'ex consulente della commissione Mitrokhin, finito sotto inchiesta, ndr).
Valerio Fioravanti, tornato libero, dichiara che «ci sono spazi di indagine» che debbono svolgere «persone competenti e neutrali», indagini non strettamente giudiziarie ma di respiro storico. Recupera la tesi del terrorista Carlos, i palestinesi, il trasporto di esplosivo palestinese scoppiato accidentalmente il 2 agosto a Bologna. Chi riconferma la correttezza tecnica delle indagini che hanno portato alla condanna di Fioravanti, della Mambro e dei depistatori del Sismi deviato e della P2, è il giudice istruttore Vito Zincani, che scrisse il rinvio a giudizio: «Puntare sulla pista internazionale è tornare a ciò che abbiamo dimostrato essere oggetto di depistaggio, cominciato un minuto dopo la strage. Il 3 agosto è uscita una intervista sul Corriere del Ticino in cui si parlava del terrorismo palestinese. Era una falsa intervista ad un esponente di Fatah, orchestrata da un agente italiano in Medio Oriente. Un falso del Sismi».
Zincani ricorda che «tutta l'indagine è stata ostacolata in modo sistematico, ma sui depistaggi è calato il silenzio». A depistare le indagini, accreditando anche false piste internazionali, non sono stati degli agenti periferici, ma i vertici dei servizi segreti di allora. «Il punto allora è: hanno agito di loro iniziativa o avevano un mandante politico? A che scopo depistavano? La risposta la devono dare altri. Quanto alla sentenza, in 30 anni nessuno ha presentato elementi per poter fare una revisione del processo. Questo vorrà dire qualcosa».