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Fioravanti chiede di rivedere gli atti del processo per l'attentato. I parenti delle vittime: finirà in Parlamento
Fonte: Corriere della Sera, 4 agosto 2009
4 agosto 2009

Valerio Fioravanti parla da uomo libero e ribadisce quanto ha sempre sostenuto anche negli anni trascorsi in carcere dopo essere stato giudicato colpevole per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980: lui e la moglie Francesca Mambro, a sua volta condannata, non hanno nulla a che vedere con l'attentato terroristico che costò la vita a 85 persone. Anzi: su quanto accadde quella mattina «ci sono spazi per lavorare».

«CI PENSI CHI HA TITOLI» - «Ci sono spazi per lavorare - ha precisato Fioravanti all'Ansa - ma lo devono fare persone più titolate di me. Persone competenti ed anche neutrali, visto che io sono parte in causa». Da tempo, Fioravanti chiede una nuova lettura del processo per la strage di Bologna. Due anni fa, in occasione della pubblicazione del libro di Andrea Colombo («Storia nera. Bologna, la verità di Francesca Mambro e Valerio Fioravanti»), l'ex fondatore dei Nar lanciò un messaggio chiaro: «Ora che ho finito di scontare la pena, che sono un uomo libero, chiedo di ragionare sul processo della strage di Bologna, cercare la sua verità storica. I processi non si discutono ma la storia è più complessa».

LA COSTITUZIONE E GLI «EX TERRORISTI» - Non è toccato dalle reazioni, indignate, di chi grida allo scandalo per l'epilogo della sua vicenda giudiziaria. «Se torniamo a nasconderci dietro a barricate ideologiche, si ferma nuovamente tutto, torniamo allo scontro frontale e non si va da nessuna parte» ha detto all'Adnkronos. «Dovremmo anche ricordarci che la nostra Costituzione, non a caso, è stata scritta da ex terroristi, da persone che fino al '43 erano considerate ufficialmente dei terroristi - commenta l'ex leader dei Nuclei Armati Rivoluzionari -. Alcuni di questi "ex terroristi" sono stati anche condannati a morte e poi hanno avuto occasione di scrivere la Costituzione e l'hanno scritta in questo modo. Quindi non è un caso, forse, che la nostra Carta abbia previsto questi meccanismi di riabilitazione». E quanto alla riapertura delle indagini sulla strage del 1980, spiega: «Io non limiterei la questione alle indagini, direi che questo è un problema vero, è un problema storico, politico, anche culturale, una parte di questo lavoro forse la farà la magistratura, ma poi ci sono altre parti di questo lavoro che devono esser fatte da intellettuali, storici, giornalisti. Io non sono tra quelli che pensano che se una cosa non è stata scritta dai tribunali non esiste». «I tribunali - aggiunge - hanno fatto la loro parte, hanno fatto un processo vent'anni fa con gli elementi che erano noti allora. Sono passati anni e adesso vengono a galla nuovi elementi. Altri, non necessariamente dei magistrati, dovrebbero rivedere quel contesto. Io non ho più motivi personali, non temo più niente, quello che doveva succedermi è successo. Spero che per il bene di tutti noi, del Paese, di un po' di conoscenza condivisa, qualcuno abbia tempo e modo di ragionare sulle cose nuove che stanno venendo fuori».

«UN CASO ESEMPLARE» - Intanto la vicenda di Fioravanti viene indicata dai Radicali come un caso esemplare: «Fioravanti è un uomo che ha scontato la sua pena - commenta Marco Cappato, del comitato nazionale del movimento -. Il suo caso rappresenta uno dei rarissimi esempi di speranza per lo stato di diritto in Italia». «In Italia - aggiunge l'esponente radicale - ci sono circa 200.000 reati che vanno in prescrizione ogni anno, di cui 100.000 sarebbero stati giudicati colpevoli. È questa - conclude Cappato - la vergogna e l'infamia della giustizia in questo paese.

«FINIRA' IN PARLAMENTO» - Dura però la reazione dell'associazione dei parenti delle vittime. Secondo il presidente, Paolo Bolognesi, «adesso andrà in Parlamento». Secondo Bolognesi, Fioravanti e la Mambro «hanno capito che conviene stare zitti» e ottenere così sconti di pena, invece «di chiedere la revisione del processo su temi che non ci sono...». «L'errore è stato fatto anni fa», secondo il portavoce delle famiglie. Per la precisione cinque anni fa, quando fu concessa la libertà condizionale al pluriergastolano. Per riconoscere quel beneficio, infatti, «uno dei requisiti è di essersi resi conto, di aver capito gli errori fatti. Ma lui si è sempre professato innocente, quindi non ha capito». Nè, secondo Bolognesi, «ha risarcito le vittime». Dunque, «prima di concedere quel beneficio si dovevano approfondire questi aspetti e non è stato fatto. Qui sta l'errore. Noi lo abbiamo gridato e detto, ci hanno dato dei 'giustizialistì... Ebbene, questo è il risultato». E ora, prevede Bolognesi, «succederà la stessa cosa con Mambro: hanno capito che gli conviene stare zitti e così diventano mondi da ogni peccato: basta aspettare un pò e uno che ha ucciso 97 persone torna tranquillamente libero. Spero che adesso, a definirlo delinquente, non si vada in galera per questo».