«Grazie di essere qui, finalmente da voi oggi ci arriva un segnale chiaro e forte, a differenza del recente passato». «Era mio preciso dovere essere qui, visto che questo 2 agosto non potrò venire, purtroppo». Lo scambio di convenevoli tra Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista, e il presidente dell'Associazione nazionale delle vittime della strage di Bologna, Paolo Bolognesi è di quelli tipici di ogni "nuovo" incontro, di quando cioè due persone si conoscono per la prima volta. Siamo alla stazione di Bologna, sala d'attesa di seconda classe, davanti a una lapide con dei nomi, nomi di una «strage fascista», come dice la scritta. Per ricordare uno dei più impressionanti episodi di terrorismo nero (ma ci fu anche quello brigatista) avvenuti a cavallo fra gli anni Settanta e gli Ottanta. Con una piccola, non trascurabile, differenza: per gli omicidi e i - tanti, troppi - guai combinati dal terrorismo "rosso" nei fatidici anni Settanta da parte di Brigate rosse, Prima Linea, etc. (con l'eccezione del "caso Moro", si capisce) sono ormai quasi tutte definitive le condanne e le sentenze, la maggior parte delle quali passate in giudicato, e cioè compiuti i classici - e lunghi, infiniti - tre gradi di giudizio. Sentenze comminate "oltre ogni ragionevole dubbio", insomma. Per il terrorismo nero, golpista, piduista e stragista - condito da altrettanti insabbiamenti, depistaggi quando non vere e proprie, micidiali e fattive, "collaborazioni" con gli stragisti medesimi da parte degli apparati, anche i più alti, dei servizi segreti e, in qualche caso direttamente dallo Stato - invece, niente. O quasi. Così è, almeno per quanto riguarda i mandanti, per la strage di piazza Fontana (1969), la "madre" di tutte le stragi nere, piazza della Loggia (1974), l'Italicus (idem), la strage di Ustica (1980) e, appunto, per la strage compiuta alla stazione di Bologna il 2 agosto del 1980. Chiunque abbia visto le immagini di repertorio della strage di Bologna (quei corpi straziati, quei soccorsi in ritardo, quella stazione e tutti i suoi immediati pressi sventrati e divelti come da un micidiale bombardamento aereo) non può non provare una fortissima rabbia e indignazione. E sconcerto per i tanti, troppi, anni (29, ad oggi) passati senza che si potesse, almeno per un tardivo e disperato sollievo postumo, mettere la parola "fine", alla strage. Certo, gli esecutori materiali sono stati - a differenza di molti altri casi - individuati e condannati: si chiamano Giusva Fioravanti e Francesco Mambro, membri (allora) dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari) ed esponenti di un neofascismo assassino, ancorché sedicente "rivoluzionario". Con loro, sono arrivate condanne anche per il faccendiere Francesco Pazienza e per il capo della Loggia P2, Licio Gelli, ma - dopo molti anni - e grazie all'opera "revisionista" di alcuni libri e protagonisti d'epoca (l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, allora ministro dell'Interno, su tutti), la verità "storica" di quella strage e dei suoi esecutori e mandanti, ha cominciato a fare a pugni con la realtà, anche con quella giudiziaria. Un vero moto di opinione a sostegno della presunta "innocenza" di Mambro e Fioravanti (che tali si sono sempre dichiarati, peraltro) ha "sfondato", in parte, nell'opinione pubblica, anche e soprattutto in quella "di sinistra". Persino Liberazione di quell'epoca, vi ha preso parte, con vari articoli, l'ultimo l'anno scorso proprio in coincidenza con l'anniversario. Oggi molte cose sono cambiate. Bolognesi lo dice apertamente, e con un calore umano che commuove, ringraziando sia Ferrero per la sua presenza che il "nuovo corso" di Liberazione. Nando Mainardi, segretario del Prc emiliano, ma soprattutto Monica Donini, presidente Prc del consiglio regionale dell'Emilia-Romagna e Leonardo Masella, capogruppo del Prc sempre in Regione Emilia-Romagna tirano un sospiro di sollievo. Nel corso di tanto tempo, infatti, era toccato a loro ascoltare i rimproveri e indignazioni di Bolognesi e di molte altre vittime della strage. C'è ancora il tempo per qualche foto, qualche dichiarazione ai giornalisti presenti, un attimo di raccoglimento, poi si va. Bolognesi, finalmente, sorride. La strage è ancora lì che pesa, sulla sua carne e nella memoria di tutti, ma Rifondazione, stavolta, c'è.