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Parla il ministro Rotondi, la piazza fischia e se ne va
Giusi Marcante
Fonte: Il Manifesto, 3 agosto 2008
3 agosto 2008

Quello che forse più colpiva chi arrivava in piazza Medaglie d'oro ieri mattina era trovarla meno affollata rispetto agli ultimi anni. Se poi fosse arrivato mentre parlava il ministro dell'attuazione del programma Gianfranco Rotondi allora si sarebbe trovato di fronte un piazzale piuttosto svuotato per le tante persone che avevano deciso di andarsene via, dietro al Prc e al sindacato di base. Anche alcuni familiari delle vittime si sono allontanati durante il discorso del ministro, impossibile non notarli visto che portavano la gerbera bianca appuntata su magliette e camice. Nella piazza dell'anniversario si sono sentiti anche dei fischi, nel punto dove si era concentrata l'assemblea antifascista permanente che ne ha destinati al sindaco Sergio Cofferati come al ministro. Niente a che vedere però con quello che è accaduto in altri anni quando a fischiare erano pensionati e gente comune.
Eppure non è andata male al ministro democristiano, precettato da Silvio Berlusconi a rappresentare il governo al posto del collega Angelino Alfano. Il suo discorso è piaciuto ai rappresentanti delle istituzioni, da Cofferati al presidente della regione Vasco Errani, e ha raccolto il plauso di Paolo Bolognesi, presidente dei familiari delle vittime. Rotondi, a due passi dalla lapide che ricorda la «strage fascista» ed elenca i nomi degli 85 morti, ha detto che in democrazia tutte le opinioni «sono uguali ed hanno gli stessi diritti ma l'antifascismo non è una opinione, è una ragione costitutiva della nostra democrazia». Molto apprezzato anche il passaggio sulle sentenze della magistratura. In una settimana in cui diversi parlamentari della sua coalizione hanno riproposto la pista palestinese dietro la bomba della stazione, Rotondi ha sottolineato: «Non possiamo permettere che in nome di opinioni si ribalti la verità emersa secondo le leggi del nostro paese». Ha addirittura strappato un sorriso a chi stava sul palco quando ha detto «ringrazio chi sta fischiando, è l'unico che mi riconosce come ministro». Perché la sua partecipazione è stata anticipata dalle polemiche sul ministro «incolore». Così l'ha definito in un'intervista Libero Mancuso, assessore della giunta Cofferati (e pm nel processo di primo grado per la strage). Dopo una giornata, quella di venerdì, in cui sembrava in bilico anche la presenza di Rotondi, l'incidente è stato chiuso da due lettere firmate dal sindaco e dallo stesso Mancuso. La pace è stata poi suggellata ieri mattina a suon di strette di mano. Se è stato tanto apprezzato dalle istituzioni, per Rotondi la piazza ha riservato un diverso sentimento. Molte persone hanno deciso di seguire il Prc e il sindacato di base: non solo militanti ma normali cittadini hanno improvvisato quello che è finito per essere un contro corteo.
Dal palco oltre a Cofferati, che assieme a qualche fischio si è anche preso un po' di applausi, è intervenuto Bolognesi. Il suo discorso è stato meno torrenziale del solito, tanto che il minuto di silenzio è scattato tre minuti prima delle fatidiche 10.25, ma ha toccato comunque i punti che ritiene determinanti. A partire dalla libertà condizionale concessa a Giusva Fioravanti e Francesca Mambro che il presidente dei familiari definisce «una schifezza italiana», agli ex terroristi che siedono in Parlamento come Marcello De Angelis, cognato di Luigi Ciavardini (l'anno scorso si era scagliato allo stesso modo contro l'ex Prima Linea Sergio D'Elia). Infine ha utilizzato le parole di Enzo Biagi che dopo un incontro con la Mambro si era detto sconvolto dalle parole della donna: «Non conosco la parola rimorso». E se è stato letto dal palco il messaggio di Napolitano («occorre coltivare un dovere della memoria»), è rimasto affidato alle agenzie di stampa quello di Fini e Schifani.
Anno dopo anno, quella di Bologna rimane l'unica strage di quelle che hanno colpito l'Italia repubblicana che viene ricordata con una manifestazione ed un corteo. Un momento di memoria collettiva e di partecipazione popolare che ha vissuto alterni momenti riducendosi anche a raccogliere, negli anni Novanta, poche migliaia di persone. Forse i numeri bassi di ieri non significano molto, forse ha contato che il 2 agosto sia caduto di sabato. L'anno prossimo sarà di domenica.