Dopo 28 anni dice Cossiga che lo sapeva da allora che c'era una pista palestinese. Dopo 28 anni. Eppure allora era capo del governo, e fino a un paio di anni prima era stato ministro di polizia (le famiglie di Moro e quella di Giorgiana Masi ne sanno qualcosa). Poi sarebbe stato presidente della Repubblica. E 28 anni dopo, a ridosso dell'anniversario, il periodo più duro per i familiari, Cossiga se n'esce con l'ennesima rivelazione: che il 2 agosto dell'80 seppe già in Prefettura dell'ipotesi della valigia palestinese esplosa assieme a chi la trasportava, che più volte avrebbe sbattuto il muso sul "Patto Moro" che permetteva alla resistenza palestinese di transitare con armi e mezzi sul nostro territorio. Insomma, alla base del depistaggio del Sismi verso un gruppo tedesco ci sarebbe, per Cossiga, un'informazione vera.
Se Cossiga parla così è perché l'«Italia è una Repubblica fondata sul segreto», commenta amaro Falco Accame, ex presidente della commissione Difesa e uno dei padri della riforma dei servizi del '77. «La questione non era nota nemmeno al giudice Mastelloni - spiega Accame in una nota - che indagava sui traffici d'armi tra Italia e Medio Oriente?». Le domande non finiscono qui: «Esiste un segreto di Stato anche sul cosiddetto Patto Moro? Perché non si dà seguito alla desecretazione stabilita dalla legge 124 dell'anno scorso?». Il segreto, che sarebbe dovuto durare solo 15 anni, continua a persistere su episodi terribili come la strage di Argo 16 in cui perì l'intero equipaggio, sulle attvità dei servizi nel caso Moro e la "desecretazione" (esiste una classificazione che si prospetta complessa e non toccata da quella legge) non renderà le carte sulle stragi visibili ai cittadini. «Il segreto è stato usato per occultare la verità», conclude Accame. «E Cossiga farebbe bene a pensare ai suoi rapporti con la loggia P2», incalza Paolo Bolognesi, presidente dell'associazione familiari della strage del 2 agosto. Il riferimento è alla fonte dell'ex presidente, un magistrato in odore di massoneria. Imperturbabile Cossiga sbatte in faccia al padre di Marco, ferito nello scoppio della bomba il 2 agosto quando aveva solo 7 anni, la telefonata con cui Gelli gli ha appena fatto gli auguri per l'ottanetesimo compleanno: «Il signor Bolognesi può permettersi tutto, in quanto colpito da un atroce dolore». Messaggi cifrati? Nuovi depistaggi? Semplice arroganza? In ogni caso è «"puro stile Kossiga" che il dibattito politico non sembra cogliere dividendosi, con scarse eccezioni, tra parole di rito e commenti acidi sul rito dei fischi ai rappresentanti dello Stato nel giorno della più tremenda delle stragi di Stato. «Che sia una ferita ancora profonda - osserva Paolo Ferrero, neosegretario di Rifondazione - lo dimostra la partecipazione popolare che, anche stavolta, ha accompagnato la commemorazione». Unico leader politico a pronunciarsi, Ferrero appoggia l'appello di Bolognesi per l'abolizione integrale del segreto di Stato: «Se talvolta ne conosciamo gli autori materiali, continuano a rimanere nell'ombra i mandanti delle stragi - ricorda Ferrero - anche questo 2 agosto è l'occasione per chiedere verità e giustizia contro ogni operazione revisionista che vuole negare il ruolo della destra e degli apparati dello Stato». La rinuncia del guardasigilli Alfano a prendere parte alla commemorazione, infatti, secondo Ferrero nulla avrebbe a che fare con l'eventualità delle contestazioni ma con il pressing di An che cerca di accreditare piste straniere e che il ministro non riuscirebbe ad assecondare in pieno. Tra i delusi del discorso del ministro Rotondi, che ha rimpiazzato Alfano, si piazza in prima fila Storace. Il suo ex camerata Fini, ora presidente della Camera, ha spedito un messaggio di circostanza in cui si augura che si «dissolvano le zone d'ombra che hanno suscitato perplessità crescenti nell'opinione pubblica». E Italo Bocchino, vicecapogruppo Pdl, quota An, a Montecitorio, insiste su una pista palestinese, liquidata fin dal 1981, che qualcuno non avrebbe voluto battere. Non fa una grinza il messaggio di Veltroni, premier ombra, sull'«obbligo della memoria» e sull'impegno unitario e bipartizan per giungere «un giorno» alla verità «in modo chiaro e definitivo». Sì, ma 'sto segreto di Stato? Infine l'Italia dei Valori che è turbata dai fischi, quando non siano i dipietristi a zufolare: a sentire il capogruppo alla Camera chi ha fischiato (in nome di verità e giustizia) alla Stazione di Bologna avrebbe oltraggiato la memoria delle vittime. Però, a onor del vero, l'Idv si impegnerà per la «rimozione del segreto di Stato e lo sblocco della legge sul risarcimento delle vittime».