Ieri mattina in piazza Medaglie d'oro i fischi sparuti che avevano punteggiato l'intervento del sindaco Cofferati si sono intensificati quando il ministro Rotondi si è accostato al microfono, sul palco davanti alla stazione. «Non mi disturbano, sono i soli che mi considerano ministro», ha commentato il rappresentante del governo durante la contestazione, riferendosi ironicamente alla definizione di figura «incolore» che di lui aveva dato l'assessore ed ex magistrato Mancuso. Fatta la pace con la giunta Cofferati, Rotondi si è presentato a Bologna al posto del guardasigilli Alfano, forse troppo pressato da alcuni parlamentari della stessa maggioranza, insoddisfatti della verità giudiziaria sulla strage di 28 anni fa. Mentre il ministro per l'Attuazione del programma parlava a braccio in mezzo ai fischi partiti dal fondo, la piazza si è svuotata a metà (di un terzo, secondo la questura). In molti hanno dato le spalle al palco e chi aveva gli striscioni ha voltato anche quelli, formando quasi un contro-corteo che è tornato verso il viale da cui era arrivata la manifestazione di alcune migliaia di persone, partite alle 9.15 dal centro dietro allo striscione storico "Bologna non dimentica". Nel corteo, aperto da centinaia di gonfaloni di comuni, province e regioni, c'erano come sempre le bandiere dei sindacati, quelle dell'Anpi e molte maglie dei podisti che tutto l'anno fanno le staffette della memoria per tenere vivo nel paese il ricordo della bomba fascista alla stazione.
Mentre Rotondi parlava, se ne sono andati, come avevano annunciato, i militanti del Prc, che poi, in una nota ("Rifondazione e la piazza una cosa sola"), hanno rivendicato un sentire comune con la città che «ha dimostrato che la solidarietà istituzionale e le sole parole non bastano più» a chiudere la ferita ancora aperta. Se ne sono andate le RdB, salutando il rappresentante del governo con la scritta "Ci rivediamo in autunno. Sciopero generale". Via i comunisti italiani e lo striscione "La strage è di stato" del Partito comunista dei lavoratori che fino a quel momento si trovava a pochi metri dal palco. Via molti cittadini (fra loro anche qualcuno con la gerbera bianca che portano i familiari delle vittime) che a sentire il discorso di un ministro di Berlusconi proprio non ci stanno. I fischi dell'Assemblea antifascista permanente, echeggiati da altre parti della piazza, hanno invece accompagnato tutto l'intervento di Rotondi.
Il discorso del ministro è piaciuto al presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi e ha ricevuto qualche applauso da chi stava sotto al palco. Se chi è andato via fosse rimasto, «come noi avrebbe potuto dire che è stato bravo», sostiene Bolognesi e se la prende in particolare con Rifondazione: «Se il Prc oggi dice che per loro questa è una vittoria, vuol proprio dire che sono dei "poveretti", non hanno capito niente, farebbero meglio a cambiare mestiere». Bolognesi ha apprezzato che Rotondi abbia difeso la verità giudiziaria della strage, ciclicamente messa in dubbio. Nel suo discorso il presidente dell'Associazione si è soffermato sui condannati: Ciavardini, «l'unico in carcere»; Mambro, che ha avuto la pena sospesa per una «maternità che dura ormai da 7 anni»; e Fioravanti, in libertà condizionale, ma secondo Bolognesi, c'è il rischio che fra 2 anni diventi parlamentare «come è già accaduto per altri terroristi, rossi o neri non importa».
L'Associazione continua il suo lavoro di testimonianza e di ricerca della verità anche sui mandanti delle 14 stragi italiane del dopoguerra. Ora c'è uno strumento in più per farlo, la legge 124 del 2007 (che in parte recepisce la proposta di legge per l'abolizione del segreto di stato avanzata dalle associazioni nel 1984), ma va applicata in pieno.
«Nessuno terrà chiusi gli armadi della vergogna», ha garantito Rotondi in un passaggio applaudito del suo discorso precisando, però, che ci si deve attenere alle «risultanze della magistratura». Il ministro si è augurato di tornare l'anno prossimo a Bologna e si è impegnato per conto del governo a rispondere alle richieste dei familiari delle vittime sulla piena abolizione del segreto di stato e per risarcimenti effettivi.
Per i familiari, però, è giunto il tempo «per un giudizio anche politico sullo stragismo» che porti all'«allontanamento dalle istituzioni di chi lo ha favorito anche solo con la sua colpevole inerzia». Un dito puntato contro chi ha contribuito a tenere nascosti i mandanti del 2 agosto e di tutte le altre stragi italiane.